Valorizzare prodotti conosciuti in tutto il mondo e allo stesso tempo proteggerli dalle contraffazioni. Tutelando non solo i produttori, ma anche e soprattutto i consumatori. Che potranno così sapere di aver acquistato alimenti garantiti e sicuri.
E’ il senso della blockchain, strumento che consente di applicare la tecnologia all’agricoltura: il primo progetto in assoluto è stato presentato al Circolo dei Forestieri di Sorrento, nell’ambito di “Terra Sorrentina”, finanziato dal Psr Campania.
Protagonisti del percorso, l’olio extravergine di oliva DOP della Penisola Sorrentina e del limone di Sorrento IGP.
Attraverso la blockchain vengono raccolti tutti i dati della filiera, ottimizzando così la logistica e monitorando tempi e freschezza del prodotto. Una sorta di “firma digitale” crittografata, riconosciuta universalmente, capace di fornire tutte le informazioni sugli alimenti.
In questo modo i consumatori potranno conoscere - anche attraverso un qrcode applicato sul prodotto finale - l’origine e la filiera completa.
Ma la blockchain rappresenta un’opportunità anche per i produttori, che potranno monitorare in maniera dettagliata i mercati di destinazione, adottando al meglio le strategie per implementare il proprio business.
Infine, ma non meno importante, aumentare la sicurezza alimentare perché consente di ricostruire passo dopo passo la storia di un alimento lungo la filiera di produzione.
Il confronto a Sorrento ha visto gli interventi del sindaco Massimo Coppola, del presidente del Gal “Terra Protetta” Giuseppe Guida e dei rappresentanti delle aziende agricole. A dettagliare l’iniziativa sono stati gli esperti Luca Mauriello (pdi “Projenia”) e il professore Francesco Marinello, responsabile tecnico scientifico in collegamento dal Dipartimento Tesaf dell’Università di Padova.
I lavori, moderati dalla professoressa Teresa Del Giudice, hanno visto anche l’intervento dell’assessore regionale all’agricoltura Nicola Caputo (che si è detto entusiasta dell’iniziativa) e del direttore di Coldiretti Campania, Salvatore Loffreda.
L’ambizione è rendere il registro digitale non un unicuum (al momento sperimentato dalle aziende agricole Maria Persico” e “Pasquale Esposito”) ma uno standard esteso a tutta la filiera.