"Le mani sulla città" non è solo un capolavoro pluripremiato del cinema italiano. È un film diverso che ha rotto gli schemi del tempo e che ancora oggi parla di una Napoli, di un’Italia e di un mondo attuale.
La capacità di scendere nelle pieghe del mondo del potere, di scrutarne le ombre e di mettere in luce le distorsioni, è la qualità che rende “Le mani sulla città” un film senza tempo, destinato ad essere purtroppo sempre attuale e sempre vivo.
Nel film, uscito nel 1963, si vedono squarci di una Napoli che a tratti si ritrova ancora oggi. I palazzoni che hanno invaso la collina liberty del Vomero, i palazzi diroccati di via Marina e del Mercato che sono ancora lì nonostante siano coperti da nuove costruzioni futuristiche, piazza Municipio e con Palazzo San Giacomo.
Francesco Rosi tornò a Napoli per trovare ispirazione e insieme con il suo amico di sempre, lo scrittore Raffaele La Capria, decisero di farsi invadere dalla città per raccontarla. Seguirono i consigli comunali e iniziarono a pensare ad un film diverso. Così è nato “Le mani sulla città”, un’opera che non è reportage ma rappresenta così bene la realtà da assegnare il ruolo dell’eroe buono del film, il consigliere comunale comunista De Vita, ad un vero consigliere comunale Carlo Fermariello che aveva colpito Rosi per la sua oratoria e la sua ironia pungente. L’antieroe, la figura del costruttore che mischia affari e politica, che metta al primo posto il profitto al punto di non avere rimorsi davanti a nulla è Edoardo Mottola, interpretato da un monumentale Rod Steiger che doppiato da Aldo Giuffrè assume una profondità ancora più intensa.
Il film racconta di una tipica storia italiana come ne accadono tante anche oggi. Politica, affari, speculazione edilizia, potere, gestione di appalti e quel naturale prevaricare dell’opportunità sulla moralità.
Con questo film Francesco Rosi non solo si consacrò come uno dei grandi maestri del cinema internazionale, ma riuscì a raccontare quello che tutti sapevano e che nessuno aveva avuto il coraggio e la capacità di raccontare.
I luoghi del film ci sono ancora nella loro bellezza come nel loro squallore. Il palazzo che nel film crolla in via Marina, ancora lì diroccato, stabilizzato da una struttura di ferro, tra i grattacieli dei grandi gruppi della grande distribuzione, della Regione Campania e delle università. I vicoli che nel film il consigliere comunale e costruttore senza scrupoli Nottola, riesce a far sgombrare sono ancora lì ad esprimere la stessa povertà di allora. Oggi però sono stati nascosti agli occhi di chi resta bloccato in una via Marina ormai cantiere da anni. Quei vicoli però raccolgono ancora la stessa sofferenza ed esclusione sociale di allora. Nei palazzi in piedi per miracolo vivono gli stessi volti e le stesse storie degli anni ’60. Sono glistessi cittadini, sono cambiati forse i cognomi e i tratti somatici ma fungono ancora oggi da serbatoio di voti di una democrazia sempre più debole ed impotente.
Piazza Municipio con i lavori della nuova metro ha subito qualche cambiamento ma Palazzo San Giacomo è sempre lo stesso. A svuotarsi e cambiare è stato il Consiglio Comunale. Le sedute di oggi non sono animate e valorizzate dagli interventi appassionati del Consigliere De Vita. Non ci sono i dubbi e le prese di posizioni morali del consigliere dottor Balsamo. Il consiglio comunale non ha più il potere di allora, ormai i capitali li muove la finanza globale nelle sedi “democratiche” sono rimaste le briciole. Ci sono però ancora i vari consiglieri Maglione, i vari costruttori Nottola, sono più sfacciati, più straccioni e meno visionari, ma sono ancora lì, applicano gli stessi metodi e coltivano il consenso con le stesse ed identiche pratiche.
Rosi ha regalato al mondo un film meraviglioso che Napoli ha reso ancora più forte e vivido con la sua urbanizzazione violenta, con la cementificazione asfissiante e con la densità abitativa abnorme. Nella scena finale che riprende una Napoli di palazzoni e grattacieli che si ammassano disordinati, si legge “I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce”. Una frase ancora valida, quella città socialmente provata, quell’ambiente distrutto e quella rete tra politica malaffare e potere, esiste ancora e fa muovere il denaro perché, come diceva Nottola nel film, non puoi tenerlo fermo “Il denaro non è un'automobile, che la tieni ferma in un garage: è come un cavallo, deve mangiare tutti i giorni”.