Nel cuore della Sanità in via Via Santa Maria Antesaecula, una stradina labirintica di quelle che si trovano solo in questo quartiere, nasceva il 15 febbraio del 1898 Antonio Vincenzo Stefano Clemente, quello che diventerà il Principe Antonio De Curtis, Totò. Uno dei più grandi attori italiani di tutti i tempi.
Nella stradina che si inerpica stretta verso Capodimonte, ad ogni angolo si trovano i segni dell’orgoglio con cui la Sanità ha vissuto il fatto di essere la casa di Totò. Ma ogni cosa, ogni orgoglio, ogni simbolo, qui viene divorato dalla quotidianità, viene integrato nella vita quotidiana, viene dimenticato con la stessa forza e la stessa semplicità con cui viene scoperto.
La casa di Totò al numero 109 non è neanche segnalata all’eterno, eppure sui muri di ogni angolo si trovano le frecce che indicano il luogo. Davanti neanche un’insegna, nulla. Alcuni vecchi cartelloni con le immagini di Totò sono coperti dalle macchine parcheggiate con selvaggio ordine. Varcato il portone si apre una piccola corte buia dove su un tavolino posto sulla sinistra dell’entrata ci sono in esposizione alcuni souvenir, magneti da frigo e piccole statuine di Totò. Un paio di signori, intenti nella ripulitura di un mobile, rispondo con cortesia alla domanda: “È questa la casa di Totò?”. Il più anziano dice all’altro con fare sbrigativo “Fai vedere al signore il balcone e la porta”. L’uomo più giovane lascia per un momento il mobile e indicando un balcone che affaccia proprio nella corte dice convinto: “Lo vedete quel balcone? Quella era la cucina. Proprio là la mamma cucinava a Totò da bambino. Se volete potete andare anche a vedere la porta. È rimasta proprio quella originale, hanno cambiato solo la serratura”.
La porta in effetti sembra antica e un po’ di emozione nel ripercorrere le scale che un Totò ancora bambino saliva e scendeva tutti i giorni, si prova. La visita dura pochi secondi e ripassando davanti al tavolino dei souvenir l’occhio cade sulla scritta sul muro fatta con una bomboletta spray, “ti amo Mery”.
In via Via Santa Maria Antesaecula, proprio all’angolo con Salita Capodimonte c’è un altro segno che ricorda Totò, un busto del Principe della risata sovrastato dalla scritta “Signori si nasce, e io lo nacqui”. Davanti però è parcheggiata una macchina e il busto a stento si vede.
Un altro busto fatto nel 1990 è posizionato poco più avanti. Questo però è connaturato con il resto che lo circonda. È protetto da alcuni paletti ed è tenuto come un’edicola votiva, di quelle che riempiono la Sanità, con fiori freschi e nessuna macchina o motorino che ne impediscano la visione.
Su un muro a pochi passi dalla casa di Totò un manifesto del 2017 che riproduce la grafica di quelli mortuari recita: “Totò muore una seconda volta. Dopo 4 sindaci e 5 Presidenti regionali non è ricordato”.
Poco più giù proprio al centro della Sanità uno slargo ospita una statua di Totò, ma anche questa è coperta da una pacchiana bancarella di palloncini, paccottiglia per tifosi e oggetti indecifrabili. Sullo slargo che ospita la statua, c’è qualche turista intento a fotografare l’istallazione ma nelle foto finiscono anche la bancarella e i motorini parcheggiati proprio al fianco di Totò.
Sono decenni che si parla di un museo di Totò ma non ve ne è ancora traccia. Sono anni che il flusso di turisti che dal Cimitero delle Fontanelle si dirige verso piazza Cavour, attraversando tutta la Sanità, passa ignaro sotto la casa di Totò. Ma anche se i turisti lo sapessero non avrebbe nulla da vedere se non una porta chiusa. Sono decenni che Napoli, nonostante le parole e la propaganda, ha dimenticato il suo Principe e i suoi luoghi.
Ad uno dei suoi tre funerali, quello napoletano, Nino Taranto disse commosso: “Addio Totò, addio amico mio, Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori, e che non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò”.
Purtroppo ad oggi a vedere come viene conservata la sua memoria nel suo quartiere, il sospetto che invece Napoli abbia scordato il suo Principe è più che giustificato.
In quel quartiere che, proprio come Totò, è capace di mischiare comicità e dolore, di sovvertire, superare e abbattere le divisioni sociali, che da sempre è la rappresentazione più naturale e genuina dell’essere napoletani e del saper essere popolo non solo abitanti, la memoria di Antonio De Curtis non è conservata. Nella Sanità le tracce di Totò si conservano in maniera spontanea nei volti, nei gesti e nelle voci del quartiere. Nei luoghi e nei simboli che invece avrebbero bisogno di cura, progettualità, attenzione e organizzazione istituzionale Totò sta sparendo.