di Simonetta Ieppariello
Una scena che, ancora oggi a duemila anni di distanza, toglie il fiato. Una famiglia in fuga dalla furia del Vesuvio, che cerca scampo, rifugio nella stanza più protetta della casa. Tutto inutile, la devastazione travolse tutti a Pompei. Anche loro, che avevano provato come gli altri a salvarsi. La Regio V continua a stupire e rimodulare anni di studi e ricerche sugli scavi di Pompei. Affiorano scoperte continue, che continuano a puntare un faro di nuova luce sulla storia della città degli scavi eterni, le sue date.
I resti di 5 persone, probabilmente due donne e tre bambini, sono stati trovati nella casa dell'iscrizione che cambierebbe la data dell'eruzione del Vesuvio.
Le prime ipotesi avanzate dai ricercatori parlano della fuga dei 5 che, forse, si erano rifugiati in una stanza da letto nel tentativo di salvarsi dalla pioggia di lapilli che aveva invaso l'abitazione.
"Un ritrovamento scioccante - ha commentato il direttore del Parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna - ma anche molto importante per la storia degli studi". Ma nella narrazione della scoperta sigillata dalla terra, tra le facies in cui gli esperti archeologi sono chiamati a decodificare la storia, affiora anche la devastazione operata dai tombaroli che, nel saccheggio, avrebbero spostato incuranti quelle ossa senza cura, mentre erano a caccia di oggetti preziosi, quelli che i pompeiani portavano con sè nel tentativo di scappare dal luogo dall'eruzione.
Le ossa infatti, come sta registrando l'azione di scavo, sono apparsi ammucchiati e sparpagliati in più punti dell'ambiente. Ancora in situ, il cranio di una delle vittime, schiacciato dalle tegole del tetto, giace accanto agli arti inferiori e superiori di un altro individuo, mentre resti di un anello indossato al dito e altri piccoli oggetti stretti tra le mani, sfuggiti al saccheggio del luogo, sono riemersi lontani e non in connessione con il resto del corpo.
Ed ecco davanti agli occhi stupiti del mondo intero, una nuova scena delle ultime ore di Pompei. I pompeiani avevano cercato rifugio in quella stanza nel vano tentativo di salvarsi dalla furia del vulcano, ma furono sorpresi da una delle correnti piroclastiche che travolse gli ambienti della domus provocando il crollo del tetto e della parte superiore del muro nord dell'ambiente.
La domus è quella in cui è stata trovata la scritta a carboncino che ripropone come data dell'eruzione del 79 d. C. il 24 ottobre. La presenza di uno o più cunicoli di scavi precedenti (forse anteriori all'inizio delle ricerche ufficiali del 1748), che hanno provocato lo sparpagliamento delle ossa degli scheletri trovati, è indiziata anche da fori nelle pareti. Insomma, una sorta di tombaroli ante litteram. Documentati così con grande dettaglio la storia di un'epoca di scavo, (da quelli clandestini a quelli di epoca borbonica) completamente differente da quella attuale, tanto nell'approccio metodologico che nelle finalità stesse.
Una sorta di tombaroli ante litteram, insomma, che avevano scavato un tunnel nella cenere indurita e una volta all'interno della stanza hanno divelto e portato via tutto quello che hanno potuto, lasciando addosso agli scheletri solo due collanine in pasta vitrea. A duemila anni di distanza, una scena che ancora toglie il fiato.
Il sovrintendente Osanna ha ricostruito in una intervista all'Ansa quanto accaduto, con buona probabilità, ai fuggiaschi.
"Si sono chiusi la' dentro, sperando di farcela, quel luogo doveva sembrare loro sicuro", fa notare l'archeologo. E per cercare di sigillare la porta, le due le avevano messo davanti un mobile, del quale gli archeologi hanno trovato le tracce e fatto il calco. Tutti gli espedienti messi in atto pero' si sono purtroppo rivelati inutili, i cinque rifugiati, sottolinea Osanna, devono aver trovato una morte orribile, "schiacciati dal crollo del tetto, che alla fine ha ceduto, o bruciati dalla nube piroplastica, forse una concomitanza di entrambe le cose".
Gli esami consentiranno di capirlo. Ma intanto ci sono altri elementi importanti per la storia degli studi. Una moneta di Filippo d'Asburgo risalente agli anni '30 del Seicento testimonia di scavi clandestini avvenuti in quella zona ben prima dell'inizio ufficiale degli Scavi di Pompei, avvenuto nel 1748. "Scavi che sembrano un saccheggio - riferisce il direttore del Parco - che dovevano puntare a prendere tutti gli oggetti di valore, senza nessuna attenzione per gli scheletri che sono stati in parte rimossi e smembrati".