di Simonetta Ieppariello
«Questa è la mia terra. Qui ci sono nato. Non voglio più celebrare funerali di persone morte di cancro. Sette persone su dieci muoiono così qui in questa terra offesa e disastrata dallo scempio ambientale. C’è il totale abbandono. Delle volte ho la sensazione che questa terra è stata scelta per lo scempio, per il disastro, per la Resit. Qui c’è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Qui la terra brucia e fuma di morte.
E basta che il vento soffi dalla terra e non dal mare perchè le persone si barrichino in casa. Finestre chiuse perchè i miasmi, la puzza entra e ricorda che il disastro è lì accanto: la Resit». Così don Rocco Barra viceparroco di Lago Patria nell’intervista speciale realizzato per la trasmissione Terra Mia di Ottochannel Tv canale 696.
Attualmente, come è noto, nell’area vasta sono in corso lavori di messa in sicurezza da parte del commissario alle Bonifiche Mario De Biase. Consistono nell’emungimento del velenoso percolato e nello spegnimento delle fumarole tossiche che si sprigionano dal sottosuolo. Ma la bonifica definitiva dell’area appare complicatissima. Pochi giorni fa un nuovo stop perchè manca il via libera per la conferma dell’incarico del commissario. Lo stesso De Biase in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno ha paragonato l’area Resit a Chernobyl alcuni anni fa, spiegando che per evitare il disastro la soluzione più sicura sarebbe quella di realizzare un enorme sarcofago sotterraneo in cemento armato.
Non esiste luogo più emblematico del disastro ambientale in terra dei fuochi della Resit. La terza città della Campania, una delle più popolose d’Italia, è la capitale dei veleni. «A Giugliano si sta consumando sotto i nostri occhi, e nel silenzio generale, una delle più gravi catastrofi del Paese - spiega Don Rocco -». Nei quasi novantacinque chilometri quadrati di un’area che va da Marano ad Aversa, estendendosi fino al litorale domizio, la camorra ha sversato l’impossibile, i veleni industriali riempiono la terra.
La discarica in località Scafarea è la testa del mostro che ha già inquinato dodici pozzi nelle campagne circostanti coltivate a ortaggi e frutta e che rilascia, giorno dopo giorno, fiumi di percolato tossico.
«Gli abitanti di Giugliano nell’ultimo trentennio hanno dovuto sopportare di tutto, tanto che ormai i roghi tossici, che pure appestano le estati al ritmo di dieci per notte, non rappresentano più il principale fattore di rischio ambientale. eppure qui si continua a coltivare, mietere e potare. Sono preoccupato e addolorato per la mia gente».