Tiziana e la sua vergogna: «Ero fragile e depressa»

La denuncia della ragazza, i verbali

Marano di Napoli.  

di Siep

 

Tiziana Cantone è morta vittima del far west di internet dove non c’è nessun diritto all’oblio, nessuna legge, nessuna sentenza che tenga e permetta la cautela, la protezione. Tiziana è morta per qualcosa che era iniziato come un gioco: fare sesso cambiando partner. Era un gioco anche lasciarsi riprendere, era un gioco inviare poi i video ad altri uomini. Lei ha giocato. Non si è resa conto del pericolo, dell’inferno che di lì a poco si sarebbe scatenato. E’ così la sua intimità è finita nelle mani di gente che avrebbe potuto farne qualsiasi cosa. Ha capito quando ha scoperto di essere finita sui siti porno. E ha provato, inutilmente, a fermare quel girone infernale e incontrollabile che è il web, la rete. Tiziana si è uccisa. Oggi non può più raccontare. Ma ci sono le carte giudiziarie dei procedimenti nati dalle sue denunce e dai suoi tentativi di far sparire quei filmati. Per sempre. Eppure girano ancora. Anche dopo che è morta di vergogna.

La denuncia Tiziana la presentò nel maggio del 2015. Racconta di aver girato quei video e di averli poi inviati a persone. Insomma, relazioni vertuali sul social network. Era un periodo di «fragilità e depressione», racconta. Fragilità e stato depressivo che crescono giorno dopo giorno nell’assistere a quel mostro che cresce. Un mostro fatto di commenti, offese e video che vedono in milioni. Un mostro che la costringe a cambiare vita. Fa i nomi dei quattro a cui ha inviato le immagini, e tutti vengono indagati per diffamazione. La donna non parla di altri, nessun riferimento al suo allora fidanzato quando ha girato i video. Nella memoria che il 13 luglio 2015 presenta al giudice civile di Aversa per chiedere la rimozione dei video da siti e motori di ricerca racconta tutto il crescendo di ansie, depressione e delusione per quello che le sta accadendo intorno a la travolge. Anche qui premette di essersi fatta riprendere «volontariamente e in piena coscienza», e specifica che le registrazioni sono sei. Conferma anche i nomi e racconta quello che le succede a partire dal 25 aprile: la chiama un amico e le dice di averla vista in un filmato su un sito porno. 

Le riaccade, viene avvertita dagli amici della presenza di quei video su altri siti. E poi ancora e ancora. Tiziana scopre giorno dopo giorno quanto accade sul web. Gruppi su facebook, catene su waths App. Continua a girare quel video.

Per questo torna in Procura  e fa una integrazione alla denuncia a maggio e i pm aggiungono il reato di violazione della privacy, ma stavolta non iscrivono nessuno nel registro degli indagati. Nella sua denuncia racconta come la sua vita sia dovuta improvvisamente cambiare. Non esce più. Se lo fa viene riconosciuta e derisa. Da allora è stata sempre peggio tra attacchi di panico e quel pensiero di farla finita. Ci aveva provato già ma era stata salvata. I pm della Procura di Napoli Nord che martedì hanno aperto un’inchiesta per induzione al suicidio. Per adesso senza nessun indagato.