Tiziana, ancora offese. L'urlo della mamma: ridatele dignità

Bufera sul web. Giornalista insulta Tiziana: «È una v...». Poi si scusa

La Procura di Napoli ha deciso di indagare aprendo un fascicolo per istigazione al suicidio. Un’altra inchiesta è aperta dal 2015 e vede indagate quattro persone per diffamazione, gli amici a cui Tiziana aveva inviato i video poi finiti sulla Rete

Marano di Napoli.  

 

di Simonetta Ieppariello

 

E’ svenuta più volte quella madre disperata, che scrive il finale di una storia di strazio e dolore di Tiziana dilaniata in poco più di un anno. Fagocitata dalla rete e dalle offese. Violazioni continue che hanno distrutto la vita di quella ragazza bellissima. Maria Teresa e Tiziana, una madre e una figlia e nessun uomo con loro, se non l’uomo sbagliato. Il padre di Tiziana andò via da casa quando lei aveva appena un settimana di vita, e non si è fatto vedere neanche ieri. Non c’era neanche l’ex fidanzato di Tiziana ieri in chiesa. 

Sullo sfondo di un silenzio assordante Maria Teresa grida l’innocenza di sua figlia. Grida della sua ingenuità che l’ha spinta in quel baratro profondo e mortale. 

«Era dolce, era buonissima», piange la mamma Maria Teresa. Le sue grida di dolore hanno straziato tutti ieri in quella sorta di diretta per seguire il funerale della vittima della vergogna, dell’attacco, della rete del web che le ha imprigionato mente e cuore fino a portarla alla morta. Era «un angelo dolce e fragile». Queste le parole annotate su quel manifesto simbolo di una vittima sacrificale sull’altare della legislazione che ancora non c’è per nuove forme di reato, tanto crudeli da uccidere. Almeno l’anima. regolamentazione di nuove fattispecie di reato. «Tiziana me l’hanno uccisa, Tiziana non era una pornostar, ridatele la dignità», scandisce Maria Teresa guardando i giornalisti. 

Ieri la famiglia ha condannato la gogna mediatica e la Procura di Napoli ha deciso di indagare aprendo un fascicolo per istigazione al suicidio. Un’altra inchiesta è aperta dal 2015 e vede indagate quattro persone per diffamazione, gli amici a cui Tiziana aveva inviato i video poi finiti sulla Rete.  

Dentro la chiesa di San Giacomo si sono ritrovate solo alcune decine di persone per salutare l’ultima vittima del cyber bullismo, una sorta di beffa se si pensa alla folla sterminata che ha distrutto la sua vita negli ultimi mesi. Così come a molti era apparsa un’involontaria derisione anche la decisione di farle pagare le spese processuali (20mila euro) al termine della causa per costringere siti e social network a rimuovere il materiale che la riguardava, cioè quei filmini girati da un partner che erano finiti sui telefonini di cinque amici, trasformando una ripicca o un gioco in una tragedia. 

Ma neanche da morta trova pace Tiziana. Ieri una nova pioggia di commenti si è sprecata dopo un tweet che l’ha offesa, anche da morta. 

Prima su Twitter ha insultato la donna che si è tolta la vita perché perseguitata per i video hot diffusi su internet, poi, travolto da una pioggia di critiche, fa marcia indietro e chiede scusa. Basterà? Lui è Francesco Capozza, giornalista già portavoce di Gianfranco Fini, attuale vicepresidente del Corecom delle Marche (eletto nell’ottobre 2011). I suoi commenti sopra le righe hanno suscitato lo sdegno e la rabbia di decine e deceni di utenti di Twitter.

«È una v…», ha scritto per poi chiedere scusa. «Scusatemi – questo il primo post di Capozza – attaccatemi pure, ma io non posso concepire il suicidio di per sé, ancor meno se una v… che si fa video hot poi arriva a tanto». Sul web scoppia una bufera e Capozza è stato travolto da uno tsumami di critiche tanto da costringere il giornalista a fare dietrofront. «Ritengo di avere usato impropriamente un termine offensivo e me ne scuso», scrive in un secondo tweet. Poi un terzo: «Chiedo scusa per il tweet di ieri se ha offeso la memoria di una povera ragazza. Volevo dire, da cristiano, che il suicidio non è una soluzione». Un rimedio che non rimedia alla gaffe inqualificabile che potrebbe costargli la rimozione dall’incarico dal Corecom.

«Sono dichiarazioni vergognose ed inaccettabili. Capozza non può ricoprire un minuto di più il suo ruolo di vicepresidente all’interno del Corecom Marche. A poco servono, ora, le scuse affidate a Twitter. Chiedo le sue immediate dimissioni». La richiesta è del presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche, Antonio Mastrovincenzo, commentando il post in cui Capozza ha insultato la memoria della donna che si è uccisa perché non ha retto alle pressioni e gli insulti. «Proprio il Comitato di cui Capozza fa parte è l’organismo indipendente chiamato istituzionalmente a vigilare sul rispetto dei diritti di libertà dei cittadini in tema di comunicazioni. Lo stesso Comitato – aggiunge Mastrovincenzo –  si è fatto promotore di uno sportello sperimentale con lo scopo di aiutare concretamente gli utenti della rete nella tutela della propria web reputation. Anche per questi motivi è inconcepibile che chi dovrebbe lavorare per garantire tali diritti, li calpesti invece in modo decisamente inaccettabile». Il presidente del Consiglio regionale ha anche espresso «piena solidarietà alla famiglia della ragazza, già così duramente provata».

La Regione Campania pagherà le spese legali per aiutare la famiglia di Tiziana ad affrontare gli strascichi della vergognosa diffusione dei video hot in Rete che ha causato il suicidio della giovane. La proposta del consigliere regionale Francesco Borrelli ha avuto il via libera dal presidente Vincenzo De Luca, che si è attivato per costituire un fondo da mettere a disposizione di chi subisce violazioni della privacy sul web, destinato al pagamento delle spese legali necessarie per la rimozione di contenuti diffusi senza consenso.

"Di fronte alla barbarie delle violenze mediatiche – sottolinea in una nota De Luca – che ragazzi e ragazze subiscono in Rete, alla quale occorre mettere immediatamente un freno anche legislativo, l'istituzione del fondo da parte della Regione Campania intende contribuire alla tutela delle persone e della loro vita privata e allo stesso tempo incentivare la possibilità di denunciare gli episodi da parte delle vittime di stalking e ricatti. Il fondo potrà essere impiegato anche per le spese necessarie alla cura e al sostegno psicologico delle vittime". La Regione si costituirà inoltre parte civile a tutela delle vittime, e si riserva di escludere da ogni contributo o beneficio istituzionalmente previsto, gli organi di comunicazione responsabili della trasmissione di dati privati.