Nel provvedimento di sequestro firmato dal giudice Teresa Areniello, presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli, si fa riferimento alla "pericolosità sociale" dei Pellini, gli imprenditori destinatari del sequestro da oltre 200 milioni di euro su richiesta di Procura e Dda partneopea.
I sigilli sono scattati nuovamente anche perché l'annullamento del primo sequestro da parte della Cassazione è avvenuto per motivi esclusivamente formali, per vide del deposito della sentenza della Corte d'Appello oltre i termini di legge.
I giudici partenopei motivano la decisione ricordando come i tre fratelli (Salvatore, Giovanni e Cuono Pellini) abbiano "avviato le loro attività e hanno prosperato in un settore imprenditoriale tradizionalmente riservato alla criminalità organizzata, prescindendo da essa, anzi agendo in concorrenza con essa, operando in maniera assai spregiudicata, certamente avvantaggiati anche dal ruolo istituzionale ricoperto da uno di essi che, sebbene esponente delle forze dell'ordine (Salvatore Pellini era un carabiniere), risulta essere uno degli organizzatori dell'associazione tesa al traffico di rifiuti che che si avvaleva per i suoi scopi dell'attività imprenditoriale formalmente attribuita ai (suoi) fratelli Pellini, Giovanni e Cuono", come si legge nel provvedimento di sequestro.