Saranno celebrati nella cattedrale di Acerra, i funerali di don Antonio Riboldi, vescovo emerito dalla città dell'hinterland partenopeo, ricordato spesso come il «vescovo anticamorra» per la sua lotta alla criminalità organizzata che lo portò, negli anni '80, ad una manifestazione contro la camorra ad Ottaviano, dove guidò migliaia di giovani nella città di Raffaele Cutolo, boss indiscusso della Nco. Dopo una messa, prevista per martedì, nel convento dei monaci rosminiani a Stresa, dove il presule si è spento in nottata in seguito ad una lunga malattia, la salma di monsignor Riboldi è attesa ad Acerra.
«Meglio ammazzato che scappato dalla camorra», gli avrebbe detto sua madre quando le palesò i suoi timori. «In quel momento - disse il presule in occasione dei suoi 90 anni celebrati nel 2013 nel Duomo di Acerra - mi sono sentito veramente di essere un vescovo, e ho capito cosa significava essere un prelato che deve amare la gente anche se non ricambiato, amare la Chiesa anche se non tutti ti capiscono». Don Riboldi incontrò anche numerosi criminali in carcere, tra cui lo stesso Cutolo, e al presule sono attribuiti i pentimenti di alcuni ex camorristi. Nonostante la rinuncia all'esercizio episcopale per i limiti d'età continuava a celebrare Messa nella chiesa dell'Annunziata. Curioso e aperto alla modernità, Riboldi è stato uno dei primi vescovi a sbarcare su Internet nel 1997: fino a poco tempo fa le sue omelie arrivavano a migliaia di persone.
Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato ai famigliari e alla congregazione dei Rosminiani un messaggio di cordoglio ricordando il suo impegno per la legalità.
Con le denunce, le testimonianze davanti ai magistrati e alle commissioni d’inchiesta, i libri e le mostre, le conferenze e le interviste, la partecipazione ai dibattiti televisivi e alle dirette delle celebrazioni papali don Riboldi è diventato, negli anni, il simbolo della via cristiana al riscatto del Belice e di Acerra, cioè delle popolazioni più derelitte in lotta per i propri diritti. Questo ruolo gliel’hanno riconosciuto tutti.
Un ruolo che “don Antonio” ha svolto senza montarsi la testa, da un uomo tra uomini, sia quand’era prete sia da vescovo.
Siep