L'etimologia di "amore" da cui discende tutta la sua magia

“L’amare è vita perché è ‘a-mors’, ovvero senza morte”...

l etimologia di amore da cui discende tutta la sua magia

E se la parola "amor" fosse il frutto di un rotacismo di "amos", dove la desinenza privativa non era anteposta a "mors", cioè morte, ma a "mos", che significa "usanza, costume, tradizione... L'amore, a quel punto, sarebbe senza regole...

Napoli.  

Oggi vorrei parlarvi dell'amore, argomento caro a scrittori e poeti (soprattutto a questi ultimi), ma che qui affronto con un valore squisitamente etimologico. Per la Treccani l'etimologia è la "disciplina linguistica che studia la storia delle parole, risalendo fino al punto della storia o della preistoria di un vocabolo (etimo) in cui esso risulta appartenente a una famiglia di altri vocaboli.

Quando le somiglianze non sono ovvie, bisogna risalire con i documenti o con congetture verosimili alle fasi più antiche e vedere in qual modo e per quali ragioni è cambiata la forma, oppure il significato, o anche tutti e due; altre volte, invece, degli anelli di congiunzione si è perduta ogni traccia e si deve ricorrere alle congetture o rinunciare a una soluzione".

A darmi valido spunto all'argomento in questione è stato il cantautore e professore scolastico di lungo corso, Roberto Vecchioni, che ha spiegato nel programma Tv di La7 “In altre parole”, nel quale è ospite fisso, che “la radice è ‘ka’. ‘kamami’ in sanscrito significa desiderare, perché il senso fondamentale dell’amore è il desiderio, cioè ti manca qualcosa di cui hai bisogno”. Ha poi aggiunto - “In persiano antico va via il ‘k’ e viene l’aspirazione, ‘hamami’. Poi i latini tolgono l’aspirazione e tengono il verbo ‘amami’, che è un bellissimo verbo perché tiene conto dei due suoni fondamentali dell’essere umano, la ‘a’ e la ‘m’, che sono le stesse lettere che troviamo in amare e mamma, pronunciabili dal bambino subito”. Per poi arditamenente concludere - “L’amare è vita perché è ‘a-mors’, ovvero senza morte”.

Sul  fatto, però, che l'a- privativa vada a delineare un assunto etimologico affidabile della parola "amore", per quanto suggestivo e poetico, non c'è accordo tra gli esperti del settore, tanto che, secondo alcune scuole di pensiero sarebbe una vera e propria "forzatura lirica". L'unico dato certo è, invece, che la parola "amore" ha una radice etimologica molto antica e complessa e che la sua storia può essere ricostruita attraverso l'analisi della lingua indoeuropea - l'antenata di molte lingue europee e asiatiche - e delle sue evoluzioni.

Secondo alcune scuole linguistiche largamente accreditate la radice indoeuropea per "amore" è "*leub-" o "*lub-", che significa (appunto) "desiderare" o "amare". Insomma amore come necessità di completamento, ma anche di appagamento terreno a un bisogno di piacere condiviso. Non a caso la parola "desiderio" deriva dalla composizione della particella privativa "de" con il termine latino sidus, sideris (plurale sidera), che significa stella.

Dunque "desidera", da cui "desiderio", significherebbe, letteralmente, "condizione in cui sono assenti le stelle". È in questa caducità che non prevede né il celeste né l'estrazione che forse la parola "amore" trova la sua più profonda origine etimologica, quasi a voler sgombrare il campo da ogni vanificazione spirituale. A ulteriore sostegno di ciò v'è che "nel proto-italico, capostipite delle lingue italiche, si ricostruisce che la parola "amore" si sia manifestata come 'ama-'. Ora, questa radice ancestrale ha un significato vasto e sorprendente: ‘afferrare, prendere’.

Tant’è che la varietà di significati che ha fatto germogliare nelle lingue della famiglia è formidabile. Il greco 'ómnymi' significa ‘giurare’ — un’azione che, se ci pensiamo, è evidentemente un ‘prendere’ ideale, che sia prendere posizione, impegno, fede. Il sanscrito 'amisi' è ‘afferrare’ e ‘giurare’, e la radice 'áma'- indica la ‘forza’, che si esprime nel prendere e che ne è esempio. Anche in avestico (lingua iranica, famosa per essere la lingua dello zoroastrismo), la radice 'ama-' indica la potenza, la forza d’attacco. Ebbene, l’esito latino che conduce all’amore quale affetto e passione appare perciò del tutto particolare".

Come riportato in una bella pubblicazione di qualche anno fa, invece, nella lingua greca non esiste un termine universale per riferirsi all’amore, ma sono molte le denominazioni attribuite a questo sentimento. Tutte si differenziano tra loro poiché mettono in luce articolazioni differenti di questa passione dell’animo. In particolare sono presenti tre termini per indicare l’amore, in modo da poterne costudire ogni particolarità e sfumatura: eros, filia e àgape (o agàpe). Quest'ultima è strettamente connessa con la caritas latina e significa "amore disinteressato, immenso, smisurato".

Il termine "viene utilizzato nella teologia cristiana per indicare l'amore di Dio nei confronti dell'umanità"'. Desiderio, privazione di morte, sentimento disinteressato, Dio - nella ricerca delle sue radici scopriamo mille colori differenti della parola "amore", che sembrano mutare a seconda della predisposizione con cui la guardiamo. Le aggiungo un'ultima cangiante tonalità, del tutto personale, tratta da un'altra ardita (e affatto accreditata) ipotesi etimologica. E se la parola "amor" fosse il frutto di un rotacismo di "amos", dove la desinenza privativa non era anteposta a "mors", cioè morte, ma a "mos", che significa "usanza, costume, tradizione, regola, legge, carattere, volontà, arbitrio, moda". L'amore, a quel punto, sarebbe scostumato, illegale, amorale, involontario, inconsueto. Nessun limite e nessuna regola. Ognuno il suo. Che è poi quello che in fondo è.