Per la prima volta, grazie a una tecnologia d’avanguardia, i Campi Flegrei sono stati investigati fino a 20 chilometri di profondità. Il progetto, pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment, è stato condotto dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia con il contributo di Università di Oxford, Trinity College di Dublino e Università di Monaco di Baviera. Obiettivo dello studio: definire l’architettura profonda del sistema magmatico flegreo, comprendendone i meccanismi di trasferimento del magma e dei gas attraverso la crosta terrestre.
Il cuore nascosto del vulcano
Identificate zone di bassa resistività compatibili con la presenza di magma
Attraverso l’inversione tridimensionale di dati elettromagnetici, i ricercatori hanno ricostruito un’immagine dettagliata del sottosuolo flegreo. Le anomalie individuate mostrano volumi di materiale parzialmente fuso e canali di risalita, delineando percorsi potenziali del magma. Questi elementi risultano fondamentali per interpretare i segnali precursori delle eruzioni e per affinare i modelli di previsione.
Una sfida scientifica e logistica
Tecniche innovative per superare le interferenze del contesto urbano
Il territorio densamente abitato e ricco di sorgenti elettromagnetiche artificiali ha reso complessa la raccolta dei dati. Per questo sono stati sviluppati protocolli specifici in grado di garantire alta qualità delle misure anche in condizioni avverse. Secondo i ricercatori, l’elevata risoluzione delle immagini ottenute rappresenta un avanzamento decisivo nello studio della caldera.
Il valore per la prevenzione
Conoscere il sottosuolo per mitigare il rischio naturale
La caldera dei Campi Flegrei è una delle aree vulcaniche più pericolose d’Europa. Comprendere a fondo la sua struttura interna è essenziale per la gestione delle emergenze e per tutelare la popolazione. Le nuove conoscenze fornite dallo studio costituiscono un passo fondamentale verso una sorveglianza vulcanica più efficace e consapevole.