Il web - "la sottorete di internet che riunisce i siti che permettono un sistema di navigazione ipertestuale e visualizzabili sul computer per mezzo di appositi programmi software (detti browser)" - è tutto e nulla, vuoto e pieno, nirvana e maledizione, pausa e frenesia. Lo seguo, lo consulto, lo studio, lo sfido, tra lavoro e ozio, per cercare risposte a domande che non sempre pongo e che comunque quasi mai soddisfo. O solo per cercare ispirazione ai miei orizzonti, arricchirmi di parole e immagini, chiudere gli occhi e sognare, spalancarli e scrivere. Il web è il dubbio, non ha in sé alcuna certezza. Non c'è una vera traccia a guidarmi, è il cuore che comanda: posso navigare fino alle estreme periferie del regno, naufragare come Ulisse in un mare sconosciuto oppure sollevarmi dalla rumorosa e stantia terra degli uomini per attraversare lo spazio immoto e fragile degli uccelli, quello che percorse Charles Lindbergh, il primo aviatore ad attraversare l'Atlantico in solitaria nel 1927, e che lo rese immortale.
Nella meravigliosa canzone a lui dedicata da Ivano Fossati nel 1992, il cantante genovese scrive: "Se mi vedete qui a volare / È che so staccarmi da terra e alzarmi in volo / Come voialtri stare su un piede solo / Difficile non è partire contro il vento / Ma casomai senza un saluto / Non sono che l’anima di un pesce con le ali / Volato via dal mare per annusare le stelle / Difficile non è nuotare contro la corrente / Ma salire nel cielo e non trovarci niente". Il web è anche questo. Nessuno lo colpevolizzi senza una fondata ragione, o quantomeno senza averne esplorate le mille possibilità, le preziose versioni di un mondo che non è tutto tacito orrore o comune degrado. Si può imparare a leggere grazie al web, si può imparare a scrivere perfino.
Ci sono doni come ci sono tranelli, ci sono estasi come c'è sterco. In questo mondo permeante e selvaggio ci camminiamo tutti, ma non tutti sappiamo coglierne i fiori che sorprendentemente sa donarci. Un altro grande cantautore italiano, Jovanotti, ha composto nel 2005 un brano, "Mi fido di te" che sembra la colonna sonora perfetta per chi vuol parlare della preziosità del web: "Case di pane, riunioni di rane / Vecchie che ballano nelle Cadillac / Muscoli d'oro, corone d'alloro / Canzoni d'amore per bimbi col frack / Musica seria, luce che varia / Pioggia che cade, vita che scorre / Cani randagi, cammelli e re magi /Forse fa male eppure mi va /Di stare collegato / Di vivere d'un fiato /Di stendermi sopra al burrone / E di guardare giù / La vertigine non è / Paura di cadere / Ma voglia di volare / Mi fido di te / /Mi fido di te / Mi fido di te / Mi fido di te / Io mi fido di te".
Ed è proprio navigando che mi sono imbattutto in un bellissimo libro, letto e poi dimenticato - "Il libro di sabbia" del 1975 di Jorge Luis Borges. In quel magico scrigno di parole e visioni c'è un racconto - "Lo specchio e la maschera" - dentro le cui affusolate dita mi sono perduto tanto tempo fa, come in un sogno, lo stesso che racconta il suo protagonista: " Negli anni della mia giovinezza» disse il re «ho navigato verso il tramonto. Su un’isola vidi levrieri d’argento che uccidevano cinghiali d’oro. Su un’altra ci nutrimmo col profumo delle mele magiche. Su un’altra ancora scorsi muraglie di fuoco. Sulla più lontana di tutte solcava il cielo un fiume a volta, sospeso in aria, e nelle sue acque c’erano pesci e navi. Queste sono meraviglie, ma non sono paragonabili al tuo poema, che in qualche modo le racchiude tutte. Con quale sortilegio l’hai avuto?». All’alba” disse il poeta “mi sono svegliato dicendo le parole che all’inizio non capivo. Quelle parole sono un poema. Ho sentito di aver commesso un peccato, forse quello che lo spirito non perdona”. “Quello che ci macchia entrambi” mormorò il Re. “Quello di aver conosciuto la bellezza, che è un dono vietato agli uomini. Ora ci tocca espiarlo”.
Se volete costruire il vostro poema, arginare la volgarità e l'ignoranza che ormai dominano il mondo, vi prego, fidatevi (almeno un po') del web!