Come è noto festeggiamo arbitrariamente il capodanno per dare un ordine cronologico al tempo, la cui peculiarità dominante è invece quella di scorrere, inesorabilmente e indipendentemente da noi.
Scriveva il grande fisico statunitense John Archibald Wheeler che "il tempo è il mezzo di cui la natura dispone per impedire che le cose avvengano tutte in una volta". Ecco, abbandoniamo un anno per entrare in quello nuovo come un affluente lascia il suo corso per far parte di un fiume più grande che lo accoglie e con cui proseguirà il suo cammino. Avere il punto di repere di questa fittizia aurora boreale mondiale costituita dal capodanno ci permette anche di attribuirci una breve e arbitraria innocenza, come se quell'ultimo fatidico istante dell'ultimo fatidico giorno dell'anno permettesse a tutta l'umanità una catarsi salvifica, a mo' del rito magico della purificazione - inteso a mondare il corpo e l'anima da ogni contaminazione - proprio come nell'antica Grecia.
Tutto sembra quasi dover ricominciare da zero, come se gioie e dolori si annullassero in virtù del breve e impercettibile spostamento di una lancetta, e il futuro ci dovesse riservare solo il bene. È il grande rammarico che provo a ogni mezzanotte di ogni 31 dicembre: quello che ero mi ritrovo, quello che avevo (o di cui ero ignominiosamente privo) continuo a possedere. La solitudine, come la compagnia, non elimina questo mostruoso inghippo, ma solo la prima (per chi la regge) arricchisce di una solenne spiritualità, per quanto talora fin troppo insopportabile e greve. Una volta svoltato l'angolo si torna dove si era, non meglio e non peggio.
Ne volete alcuni esempi presi (non proprio a caso) da internet, il magico mondo dentro cui ogni giorno ci muoviamo e navighiamo fino (talora) a perderci? Eccoveli! Il 30 dicembre le pagine online de Il Fatto Quotidiano ci hanno informato che "in Afganistan saranno murate tutte quelle finestre degli edifici residenziali attraverso le quali è possibile vedere il cortile, la cucina, il pozzo del vicino e altri luoghi che solitamente le donne utlizzano. Vederle infatti potrebbe portare ad atti osceni".
Sempre dal Blog della stessa fonte editoriale Maurizio Contigiani il 1 gennaio 2025 ha scritto: "L’AI non è altro che il naturale sviluppo di un percorso iniziato con i primi progressi della tecnologia applicata al fine di renderci la vita più facile e meno faticosa. Più si va avanti e più si evince che il fenomeno assume toni controproducenti in virtù della nostra indole orientata al neoliberismo, ad una naturale tendenza identificata come pensiero di destra, relegando quello di sinistra ad una forzatura dall’inapplicabilità inevitabile". Per concludere con: "L’AI farà la fine di tutto il resto, servirà ai più stupidi per tenere il passo con i più intelligenti, così come 'i social hanno dato voce agli imbecilli che non ne avevano nemmeno al bar sport' (Umberto Eco). Sarà la fine dell’ultimo residuo di genialità umana. Nessuno saprà più distinguere se un brano sia stato scritto da Mozart, da De Andrè oppure da un testa di cazzo. Se una qualsiasi Teoria della Relatività sarà stata scritta da uno come Einstein oppure da un pirla smanettone."
Nella stessa giornata Mattia Paparo dalle pagine online del Daily Marine Magazine ci ha informato che l'essere vivente più intelligente non è l'uomo ma il polpo. Sì il polpo avete capito bene, e questo "grazie alla sua complessa struttura neurologica". Secondo una serie di accurati studi scientifici, infatti, "la maggior parte dei neuroni del polpo si trova nei suoi tentacoli, superando di gran lunga quelli presenti nel cervello. Questo sistema distribuito consente ai tentacoli di compiere azioni indipendenti, come afferrare oggetti o mimetizzarsi, persino dopo essere stati separati dal corpo. I tentacoli sono anche in grado di percepire odori, sapori e memorizzare informazioni, dimostrando un’efficienza unica nella raccolta e gestione dei dati sensoriali".
Le ricerche condotte hanno così permesso di dimostrare che "queste straordinarie capacità si riflettono in comportamenti avanzati, come la risoluzione di rompicapi e la navigazione in complessi labirinti spaziali". Negli esperimenti suddetti, "i polpi hanno dimostrato di apprendere rapidamente e adattarsi a situazioni nuove, una caratteristica che li distingue nel regno animale. La loro intelligenza è il risultato di una sofisticata rete nervosa che opera in modo decentralizzato, offrendo un modello di apprendimento e comportamento unico."
Le tre notizie, a guardar bene, hanno un filo logico e dimostrano come la tanto decantata, per quanto eterogenea, supremazia intellettiva dell'uomo non vale la fredda e laboriosa "etica" del polpo, a cui auguro vivamente di assomigliare - almeno un po' - agli uomini dell'anno che verrà.