I gradi neurofunzionali dell'amore e le loro omissioni

I risultati di una ricerca dimostrano come l’amore accenda aree cerebrali specifiche

i gradi neurofunzionali dell amore e le loro omissioni

Resta da comprendere cosa accendino nel cervello umano gli amori tossici - tra partner soprattutto ma anche tra genitori e figli - e quelli che escludono l'affettività dal bilancio relazionale

Napoli.  

C'è qualcosa nelle relazioni umane che resta misterioso. Nell'amore - quel complesso ingranaggio di attese e bisogni - poi non ne parliamo. Non credete mai a chi vi dice che nei rapporti amorosi, a qualunque livello di profondità o di vincolo si svolga l'interazione sentimentale, due più due fa quattro. Non è vero. O almeno ero convinto che non lo fosse, fino a che non ho letto uno studio scientifico finlandese appena apparso su Celebral Cortex, una importante rivista del settore neurologico. Il merito della pubblicazione è tutta del filosofo finnico Pärttyli Rinne, che "dopo 15 anni di studi sull’amore è riuscito a “vederlo” con i suoi occhi", grazie alla risonanza magnetica funzionale - quella che fa vedere come luci di un luna park le zone del cervello che attiviamo durante un'azione o un'emozione - e al contributo determinante dei neurologi dell'Università di Aalto.

Come racconta il portale Orizzontescuola.it - "L’esperimento ha coinvolto 55 volontari, “innamorati” per loro stessa ammissione, e ha esplorato sei sfumature di questo sentimento: l’amore romantico, quello genitoriale, l’affetto per un amico, la compassione per uno sconosciuto, il legame con un animale domestico e l’amore per la natura. Mentre i volontari, sdraiati nella risonanza magnetica, si concentravano su ciascuna di queste forme d’amore, ascoltando descrizioni e poesie evocative, gli scienziati hanno osservato il loro cervello “vibrare”.

I risultati mostrano come l’amore, in tutte le sue forme, accenda aree cerebrali specifiche, con intensità variabili a seconda del tipo di legame. L’amore più potente, quello che attiva le aree cerebrali più estese, è risultato essere quello genitoriale, seguito a ruota dall’amore romantico". Entrambi, va aggiunto, attivavano in modo significativo il sistema della ricompensa e dell’appagamento, a differenza degli altri tipi di amore, ma quello di un genitore per i figli - per ammissione stessa dell'autore - restava il più luminoso al monitor delle neuroimmagini e l'unico in grado di accendere pienamente le aree oscure e profonde dello striato, quelle dove domina incontrastata la dopamina, il neurotrasmettitore del piacere fisico ed emotivo.

"L’affetto per gli amici, la compassione per gli sconosciuti e l’amore per gli animali domestici" - continuava il sito informativo ed educativo della scuola italiana - "hanno mostrato un’attivazione cerebrale simile, ma meno intensa. Infine, l’amore per la natura, pur accendendo le aree visive, non ha attivato quelle legate alla socialità".

La messa in moto delle aree cerebrali per la ricompensa e il piacere, per quanto meno vivida rispetto a quella delle prime due classificate tra le forme d'amore studiate, era maggiore nella categoria "animali domestici" qualora se ne possedesse già uno.

A ulteriore conferma di ciò c'era uno studio condotto dai ricercatori dell'Università della Florida, del Michigan e della Virginia Commonwealth che aveva scoperto che gli adulti di età pari o superiore a 50 anni che avevano posseduto un animale domestico per un tempo superiore ai cinque anni stavano fisicamente meglio, ricordavano con maggior facilità le parole e mostravano, in generale, un declino più lento nel tempo della memoria rispetto ad altri coetanei che non avevano mai posseduto un cane.

Invece, quanto emerso dall'analisi neuroradiologica dell'ultimo punto dello studio finlandese (a sostegno inconfutabile della sua validità scientifica) - quello dell'effetto poco socializzante dell'amore per la natura - era perfettamente in linea con quanto atteso, visto il carattere contemplativo e, forse, anche in parte emarginante, di questo tipo di sentimento. Tutto chiaro, quindi. Finalmente un riordino nel confuso sistema delle priorità affettive, non più regolato secondo opinioni personali o valutazioni soggettive, ma in relazione a dettami neurofunzionali nudi e crudi. Resta da comprendere cosa accendino nel cervello umano gli amori tossici - tra partner soprattutto ma anche tra genitori e figli - e quelli che escludono l'affettività dal bilancio relazionale. Elena Goretti su Vanity Fair del 27 agosto scorso, commentando un messaggio di whatsapp ricevuto da un'amica che aveva partorito da qualche mese, ha scritto: "non si diventa madri e padri quando si resta incinte o il giorno in cui si dà alla luce un bambino, ma anche più tardi, quando a un tratto quel bimbo lo si guarda, lo si ama e lo si riconosce come figlio. Quando insomma «lo si adotta»".

Ancor prima Gabriel García Márquez aveva detto: "Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l'ha catturato per sempre". Questo lo sottoscrivo in pieno! Ultimo punto non indagato dalla ricerca finlandese. Quale potrebbe essere la risposta dei nostri "centri nervosi dell'amore" quando sono i figli e non i genitori quelli osservati? Viste le ultime notizie di cronaca nera o seminera temo molto meno diffusa e abbagliante.

Diceva Confucio: “Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine, Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale, Per coltivare la nostra vita personale, dobbiamo prima mettere a posto i nostri cuori.”