Tornare verso casa cantando (daccapo) Dalla e Battisti

Le canzoni che abbiamo amato, possono ancora riservarci sorprese grazie ai giovani di oggi...

tornare verso casa cantando daccapo dalla e battisti
Napoli.  

Si tornava dalla casa di campagna, persa in mezzo al verde senza eguali delle dolci colline che circondano la valle telesina. Due giorni di tranquillità e silenzio, benèfici a tutta la famiglia, in questo caso allargata a due amichette di mia figlia. Serenità, letture, studio, scritture, chiacchiere, racconti, qualche escursione, confesso più culinaria che culturale (ammesso che la prima non lo sia).

In auto, tornando alla controra di una domenica di primavera che appariva già più che inoltrata, sul più bello, come nelle migliori tradizioni scolastiche, è spuntata la musica, ma non quella sgrammaticata, dialettale, sincopata e spesso volgare dei tempi moderni, ma - scelta dalle stesse ragazze - una selezione di vecchi brani, diciamo del ventennio che va dal 1960 al 1980, buoni per un baby (nessun rida) boomer come me, ma del tutto inadatta ad adolescenti in cerca di una identità al passo coi tempi e le mode di oggi.

In quella raccolta di canzoni, durata ahimè solo il tempo di un viaggio di poco più di 60 chilometri, c'era di tutto, da Rino Gaetano a Lucio Battisti (versione Mogol ovviamente), passando per Gino Paoli, Ornella Vanoni, Edoardo Bennato e Lucio Dalla (quello commerciale del dopo Roversi). Andare dal silenzio di un ritorno meditabondo e digestivo, dopo un pranzo tutt'altro che leggero e frugale, al cantare a squarciagola tutti insieme ogni singola strofa di quelle "canzonette" è stato un tutt'uno.

Lo spazio angusto di un'auto nera che scivolava nel pomeriggio assolato era diventato l'infinito di una languida emozione sorprendentemente universale e unificante. Proprio come tanto tempo fa, quando si stava - in autobus, per strada, in spiaggia, in una stanza - tutti dalla stessa parte del mondo, quella dei giovani, delle rivoluzioni studentesche, dei "bombaroli", degli anticlericali, dei sentimenti liberi e immortali, dei colori vividi e grondanti di dubbi e felicità. Non avrei mai creduto che mi sarebbe riaccaduto: cantare le "mie" canzoni - le pietre miliari delle mie turbolenze e delle mie passioni, le unità di misura delle mie crescite e delle mie introversioni, le dediche ai miei amici e ai miei amori - con mia figlia e le sue amiche, con loro che mi tenevano testa a intonarle (più stonate che meno, va detto) e a farle risuonare nei loro cuori e nelle loro memorie con ancora più orgoglio e tenerezza di me.

Quel breve ritorno verso casa mi ha lasciato così alcune riflessioni che qui condivido - oltre a un lungo rosario di emozioni che tengo invece per me. Non diamo per scontate le canzoni che abbiamo amato, possono ancora riservarci sorprese in una lettura filtrata da nuove giovinezze. Riascoltate, per fare un esempio, "Sapore di sale" di Gino Paoli e mi saprete dire se non conteneva già il seme di una femminilità emergente, libera e (senza saperlo) tanto ammaliante quanto dominante. Non diamo per scontate le "educazioni sentimentali" dei nostri ragazzi, che occupano tanta parte delle nostre stupide e oziose conversazioni da vecchi (di cui io sono un fulgido esempio). I loro cuori cercano qualcosa che non è molto diverso da quello che cercavamo noi, solo con meno filtri o reti di protezione. E, soprattutto, non diamo mai per scontati i nostri figli, lasciamo sempre aperta una porta del nostro cuore a loro, che sia sotto forma di un'ora da dedicare, una lettura da donare o condividere, un abbraccio da riservare o una canzone da ricantare, questa volta insieme. Farà un gran bene a tutti.