Accolto dagli applausi dell'aula magna dell'Università Federico II, Emanuele Palumbo, in arte Geolier , ha fatto il suo ingresso nell'ateneo con sede a Scampia. Maglione blu e cappello rosso con visiera in testa, Geolier si è subito sottoposto alle domande degli studenti in sala, circa 500, anche se l'aula non è del tutto piena. "Sono felice - l'esordio - mi sento anche onorato di stare qui tra voi. Qua dentro non posso insegnare niente a nessuno, anzi posso solo imparare. Non è una lezione, ma una chiacchierata tra amici e ho mille paure e mille ansie come le avete voi".
Poi il suo giudizio su Napoli ei pregiudizi che l'accompagnano. "Tutti i pregiudizi su Napoli sono sbagliati. Il pregiudizio più brutto - spiega - che ho sentito e quello sull'orologio, di chi viene da Milano e chiede di tenergli da parte la collanina o l'orologio. Mi danno fastidio, sono pregiudizi stupidi - prosegue Geolier -, perché poi vediamo che nella classifica dei reati Napoli viene dopo tante grandi città. In tutto il mondo c'è un lato buono e uno cattivo. Napoli non è solo lato cattivo, ha anche tante cose belle".
"Noi che veniamo dalla periferia siamo più forti, proprio perché veniamo dalla periferia. Abbiamo una fame che gli altri non hanno". Ha detto il rapper partenopeo"Io sono andato a lavorare a 9 anni - ha spiegato - e a volte si pensa che venire dalla periferia sia uno svantaggio. La verità è che noi abbiamo la fame negli occhi e gli altri no".
"Il rapporto con il mio rione? È bellissimo. Quando voglio stare tranquillo vado lì, le persone non mi fermano per non disturbarmi. A Napoli tutti mi chiamano Emanuele, non mi fanno sentire diverso. E io voglio sentirmi normale.
I miei 12 anni? Vorrei ritornare tanto a quei momenti lì, ma non vorrei dire nulla a quel bambino, perché è lui che ha creato quello che sono oggi. Forse gli direi di godere di più di quei momenti. Il vero divertimento è quello , ea volte si perde tra cadenze, case discografiche, major". E, poi, la sua famiglia: "Se cambierei qualcosa di me? Quando sono in studio e mi chiama mia mamma, io non rispondo e stacco, lei fa due o tre chiamate. Poi le dico scusa, spiego: "mamma, stavo scrivendo una canzone" e lei, con semplicità, dice "Embè? La canzone è più importante di me? Il lavoro è più importante di me?" Ha ragione. Quello che faccio è per loro, i miei genitori, se loro sono orgogliosi di quello che faccio mi posso anche fermare. Papà, quando parla, ogni cosa che dice è un insegnamento. È l'unico che mi mette in soggezione, è quello che vorrei essere da grande". C'è qualcosa che però GEOLIER , al secolo Emanuele Palumbo, cambierebbe del suo passato: "Vorrei aver studiato di più. Nelle mie prime interviste avevo paura, perché ero, sono, un ragazzo rionale, ma all'inizio lo ero davvero. Era strano dire anche solo una parola in italiano. Vorrei aver seguito più la scuola per comunicare meglio, spiegare i miei pensieri in modo più fluido". Perché GEOLIER gli studi li ha abbandonati molto presto e già quando frequentava la scuola elementare, nel pomeriggio, lavorava nell'attività di famiglia, che si occupa di vendita di lampadari. "Mi piaceva essere autonomo. Andare a chiedere soldi a mia madre mi dava fastidio, anche a dieci anni". Nel suo futuro prossimo c'è un disco "lo sto finendo... ma non posso dire altro..." e tre date sold out allo stadio Maradona. "È una cosa troppo grande per me. Ho solo paura di non rispettare le mie aspettative. Tre stadi pieni sono adesso, devo assicurarmi la mia fanbase per sempre: ora è il mio momento, ma poi resterà solo chi mi è veramente accanto"