Quel romanzo d'appendice da riportare in prima

Sarebbe bello fare di un quotidiano o di qualunque mezzo di informazione un veicolo di cultura.

quel romanzo d appendice da riportare in prima
Napoli.  

Sarebbe bello ricominciare a fare di un quotidiano o di un qualunque altro mezzo di informazione un veicolo di cultura. Ma attenzione, non negli ormai abituali termini discorsivi ovvero saggistici (pur meritevoli) che vengono dai multiformi contributi intellettuali di tutti noi, bensì in quelli lirici e palpitanti di un romanzo, sublime atto creativo degno di pochi fortunati, logicamente suddiviso in parti da inserire nel corpo stesso della pubblicazione del mass medium, che sia essa giornaliera o periodica, fino a farla diventare, come è già successo, motore pulsante dello stessa. A cosa mi riferisco? A una pratica, nata intorno al 1830 in Francia e andata avanti per più di un secolo in Europa e oltreoceano, che prevedeva la diffusione quasi sempre settimanale, "in appendice" a un giornale o a una rivista, cioè in coda alla piena consumazione di tutte le notizie di un qualche interesse popolare, della "puntata" di un romanzo in stesura - corrispondente generalmente a un capitolo dell'opera o a una parte di esso - allo scopo di indurre un interesse, attivare un'attesa, evocare una suspense nei lettori con l'intento finale di aumentare le vendite del mezzo mediatico e risollevare così le finanze, già allora spesso esangui, degli editori di turno. Si trattava per lo più - ma non sempre - di storie leggere, raccontate con brio e con semplicità, ma quasi mai con grossolanità o imperfezione, ideali per catturare la curiosità di chi leggeva con sempre maggior bramosia in quanto si concludevano invariabilmente - ciascun pezzo pubblicato - con un intrigo da svelare, una matassa da sbrogliare, una verità da enunciare, un segreto da palesare o (appena) un dubbio da sanare.

Ogni episodio finiva, perciò, sospeso tra la vita e la morte, l'amore e l'odio, la ricchezza e la povertà (anche interiori), la vittoria e la sconfitta. Non erano certo i frammenti burleschi o polemici di un pamphlet, quelli non andavano a confinarsi nelle ultime pagine - allora come ora dedicate alla cultura e alle sue note critiche - di quelle piccole summae di letteratura popolare che erano i quotidiani o i peridioci. Non c'era il potente da attaccare, il collega da screditare o, tutto meno che velatamente, da insultare. Quei "libelli" vivevano indipendenti in poche copie, spesso autofinanziate, per essere poi diffuse clandestinamente. Tra i tanti opuscoli di incontinente libertà, resta famoso e ancora citatissimo quello scritto da Luis-Ferdinand Céline contro Jean-Paul Sartre nel 1948 dal titolo "À l'agité du bocal". Ma in quel caso non si può parlare di piena letteratura. Al contrario dei pamphlet - fuochi spesso fatui e misconosciuti - i pezzi dei romanzi in divenire, che apparivano a cadenze regolari di giorni o settimane sui giornali dell'epoca, parlavano infatti quasi sempre il linguaggio della narrativa con la n maiuscola e, benché pubblicati un po' per opportunità e un po' per gioco, si rivelarono ben presto vera e immortale arte. Basti ricordare alcuni esempi di autori e di opere che seguirono quella modalità di divulgazione e che tanto contribuirono a rendere questo genere - quello (appunto) del romanzo d'appendice o (dal francese) del feuilleton - così popolare e di successo e la loro lettura un mezzo sempre più praticato di acculturamento e crescita sociale. Cito tra gli altri, Honorè de Balzac - l'antesignano - che pubblicò così sin dal 1830 alcuni capitoli de "La signorina Cormon", poi Victor Hugo con "I miserabili:, Eugène Sue con "I misteri di Parigi", Alexandre Dumas padre con i "Tre moschettieri" ed Edgar Allan Poe, il futuro signore del romanzo poliziesco, con il suo "Manoscritto trovato in una bottiglia". Il genere non si diffuse solo in Francia, bensì manifestò grande seguito popolare in tutta Europa e negli stessi Stati Uniti, contribuendo a far formare lunghe code fuori alle edicole nei giorni di pubblicazione delle nuove puntate di quei manoscritti. Così Robert Louis Stevenson "pubblicò in 17 puntate sul periodico Young Folks il romanzo "La freccia nera" e James Joyce minute del "Finnegans Wake", sotto il titolo provvisorio di Work in progress, nel periodico Transition". Emilio Salgari, "seguì la stessa strada col suo ciclo di romanzi imperniato attorno alla figura del principe malese Sandokan", e così pure Carlo Collodi, "autore di uno dei più noti esempi di letteratura per ragazzi, "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino"". "Il romanzo d'appendice" - è stato ancora scritto - "non fu però solo romanzo leggero per giovani lettori, tant'è che in Francia fu pubblicato a puntate Madame Bovary di Gustave Flaubert (su La revue de Paris dall'ottobre 1856) e in Russia nacquero in qualità di romanzi d'appendice alcuni capolavori assoluti della letteratura mondiale come "Delitto e castigo" e "I fratelli Karamazov", entrambi su Il messaggero russo, di Fëdor Michajlovic Dostoevski e "Guerra e pace", sempre sul Messaggero russo, di Lev Nikolaevic Tolstoj". Nessuno immagina oggi di far rinascere un genere letterario che i cambiamenti epocali del gusto e della cultura hanno di fatto disperso. Sarebbe oltremodo impensabile ai giorni nostri, in cui leggere è diventato privilegio di pochi e le autodidatte "storie social" imperversano in ogni angolo della Terra accreditando all'attenzione generale novelli e spesso illetterati "scrittori" dotati solo di un misurabile (e miserabile) seguito in followers.

Eppure un tentativo potrebbe essere fatto, non so se per aumentare le tirature (o i "contatti") di un giornale, cartaceo od online che sia, ma certamente per riaccreditare la buona (si spera) letteratura presso masse di nuovo crescenti, ormai purtroppo sempre più (irreversibilmente?) inclini all'ignoranza e al consumismo. Chissà che un direttore di giornale e il suo editore, alla fine, provando a migliorare l'appetibilità del loro prodotto o per mero amore dell'arte narrativa, non riscoprano quel vecchio modo di fare cultura e non contribuiscano così a mettere al mondo qualche nuovo romanziere fresco di sogni e passioni - non necessariamente escludendo, per sopravvenuta caducità, il sottoscritto da questo nobile intento.