La via nervosa delle carezze: quelle ricevute e quelle date

Una ricerca scientifica ha dimostrato le basi biologiche delle carezze pietre fondanti dell'amore

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Napoli.  

Il 23 gennaio di quest'anno è apparso su una delle più prestigiose riviste scientifiche di biologia al mondo, Cell, un articolo dal titolo "Neuroni tattili alla base del contatto dopaminergico piacevole e della ricettività sessuale".

Lo studio dimostra per la prima volta, pur nell'ambito strettamente sperimentale di una popolazione di topini geneticamente modificati, la stretta relazione tra stimolazione cutanea con luce blu - l'equivalente optogenetico di una carezza per l'uomo - e piacere. Quest'ultimo sarebbe, secondo questa ricerca, il risultato della mera attivazione di un particolare tipo di recettori tattili presenti nella pelle tanto dei topi quanto dell'uomo, chiamati Mrgprb4, la cui stimolazione accenderebbe altre cellule nervose presenti nel midollo spinale, le Gpr83, da cui partirebbero a loro volta vie nervose ascendenti che metterebbero in azione i cosiddetti neuroni della ricompensa, ricchi di dopamina, il neurotrasmettitore della felicità e del piacere (appunto), presenti in un piccolo agglomerato cellulare posto alla base dell'encefalo chiamato nucleus accumbens.

La distruzione selettiva di quei recettori tattili cutanei iniziatori del circuito neuronale appena identificato privava i piccoli animali tanto del desiderio quanto dell'appagamento sessuale, e, perfino, della socializzazione ad essi correlata. Sono state in tal modo dimostrate le basi biologiche delle carezze, già riconosciute in raffinati esperimenti di neurofisiologia umana e di psicologia animale comparata quali pietre fondanti dell'affettività, dell'equilibrio psichico e dell'amore. E, ora lo sappiamo, anche della sessualità. Appartiene, infatti, ai 20 anni precedenti all'articolo di Cell una piccola ma significativa serie di studi sull'uomo che avevano evidenziato come la stimolazione di piccole fibre nervose cutanee demielinizzate (senza guaina e quindi a lenta conduzione) - le cosiddette fibre C, per lo più deputate a registrare il dolore e a proteggerci dai pericoli - attivi meccanismi di ricompensa, di piacevolezza, di buonumore e di resistenza a vari generi di offesa e di afflizione. In particolare una ricerca di quasi 15 anni or sono aveva dimostrato che quei nocicettori periferici diventavano particolarmente utili e preziosi come sensori tattili allorché erano stimolati a determinate pressioni (circa 2 grammi) e a specifiche velocità (3-5 cm al secondo). Che guarda caso erano proprio le caratteristiche fisiche delle carezze.

Perfino l'emarginazione sociale diventava meno crudele se il soggetto riceveva una bella dose di affettuosità. Ed è esperienza di tutti noi che le coccole, un massaggio, spalmarsi una crema o semplicemente fare un bagno caldo o anche solo una doccia migliora il nostro benessere. Ora sappiamo perchè.

Mi tornano in mente gli esperimenti dello psicologo statunitense Harry Harlow che quasi 65 anni fa dimostrò che i cuccioli di macachi preferivano sempre e comunque la compagnia di una bambola di pezza a cui strusciarsi (l'oggetto transazionale), piuttosto che la presenza necessaria ma insoddisfacente di una nutrice di ferro a cui rivolgersi solo al momento del bisogno.

Meglio la fame che la mancanza d'amore, si potrebbe dire. Da lì sono discese le teorie di Eric Berne, il padre dell'analisi transazionale, che per primo parlò di "fame di stimolo", come del bisogno imprescindibile del bambino (ma non solo) di carezze per crescere e vivere in serenità e armonia. E saziare quel bisogno ci accompagna per sempre, come nel "verso in cui perdura la carezza" di Jorge Luis Borges.

Ma la vera rivoluzione del grande psicologo canadese, a mio giudizio, è stata quella di trasferire l'analisi psicologica di questo banale gesto affettivo da chi lo riceve a chi lo dà. Secondo lui, infatti, la carezza è "qualsiasi atto che implichi il riconoscimento dell'altro". Dicendolo con Jean-Paul Sartre - "La carezza non è un semplice contatto, perché allora verrebbe meno al suo significato. Carezzando l’altro, io faccio nascere la sua carne con la mia carezza, sotto le mie dita. La carezza fa parte di quei riti che “incarnano” l’altro, fa nascere l’altro come carne per me e per lui." La carezza, in pratica, non sarebbe solo un atto di gratificazione personale, ma piuttosto un appagante strumento sensoriale per riconoscersi e appartenersi, in uno scambio inassuefatto e altruistico da cui in fondo ogni forma d'amore (e di benessere mentale) discende. Tanto da far dichiarare (ancora) ad Harlow: "Se le scimmie ci hanno insegnato qualcosa, è che devi imparare ad amare prima di imparare a vivere."

- Neurologo, responsabile sezione Sanità Confindustria Benevento