Quanto vale la vita di un innocente? Questa al domanda alla quale lo Stato spesso ha risposto valutando il carico criminale del carnefice, rinchiudendo la vittima in un complicato percorso burocratico che davvero mette a repentaglio il sano rapporto tra cittadino e istituzioni.
Giovanna Scudo è la mamma di Salvatore Barbaro, ucciso nel 2009 a soli 21 anni per errore.
Salvatore era un ragazzo per bene, un cantante neomelodico in erba, con la sfortuna di avere la stessa automobile del camorrista obiettivo di un agguato. Gli specchiettisti dei killer diedero la soffiata sbagliata e Salvatore fu trucidato non 11 colpi di pistola.
I due killer, Natale Dantese e Antonio Sannino, sono stati condannati all’ergastolo.
A Giovanna spetta il risarcimento riconosciuto dal ministero dell'Interno per le vittime innocenti della criminalità, ma non il vitalizio previsto per la stessa categoria di persone.
Questo è l’effetto di due diverse interpretazioni, fatte dagli uffici del Viminale, della stessa norma che lega i benefici economici alla totale estraneità della vittima e dei familiari ad ambienti delinquenziali.
La Scudo ha infatti un parente di quinto grado collaboratore di giustizia da diversi anni; la legge parla di quarto grado di parentela, eppure per parecchio tempo il Viminale ha utilizzato tale circostanza per ritenere la donna non del tutto estranea alla criminalità, negandole ogni beneficio, e non tenendo conto delle pronunce del Tribunale e della Corte d'Appello di Napoli che hanno condannato i killer di Salvatore, riconoscendo che fu ucciso con 11 colpi di pistola perché aveva l'auto uguale a quella del camorrista che era il reale bersaglio dei sicari (nelle prossime settimane si pronuncerà la Cassazione).
Il legale della donna Gianni Zara, dopo vari dinieghi del Ministero al riconoscimento dei benefici, si è rivolto al Tribunale Civile di Napoli che, il 10 febbraio scorso, gli ha dato ragione. Il ministero dell'Interno ha però fatto appello (l'udienza non è stata ancora fissata), ma nel frattempo qualcosa si è mosso: un ufficio del Viminale, quello presieduto dal prefetto Raffaele Cannizzaro - Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso - ha infatti accolto la domanda di risarcimento presentata dalla donna, ritenendo decisive le sentenze a carico dei killer di Barbaro e valutando la Scudo come estranea alla camorra. Per un altro ufficio del Ministero però, quello presieduto dal vice-prefetto Antonella Buono, denominato ufficio "Speciali elargizioni alle vittime del terrorismo e della criminalità di tipo mafioso" e competente per il riconoscimento dello status di vittime innocenti della criminalità e per l'elargizione del vitalizio, Barbaro e la madre continuano ad essere non del tutto estranei alla criminalità, proprio per quel parente di quinto grado collaboratore di giustizia, per cui non scatta il diritto al vitalizio.
"Sono decisioni che ovviamente si contraddicono - dice l'avvocato Zara - eppure c’è qualcosa di positivo che mi fa ben sperare: il prefetto Cannizzaro, inizialmente, voleva bocciare la mia domanda, tanto che mi inviò un preavviso di rigetto; poi, dopo alcune mie osservazioni relative al vincolo di parentela, l'ha accolta".