Una donna morta in un video di Facebook?
Sì, è accaduto e si è fatto a Napoli, come ogni esagerazione che Eduardo diceva possibile nella città del genio mariuolo.
Solo che quel corpo esanime non è quello di un contrabbandiere che nasconde la borsa nera, ma di Teresa, sorella di Luca Franzese, attore napoletano, con qualche comparsa in Gomorra.
La drammatizzazione dell’accaduto, l'agghiacciante tragedia in casa e l’incubo di non poterla seppellire perché la donna è spirata per un caso di coronavirus: tutto è stato servito online, attraverso un appello disperato, commosso, empatico quasi a pensarlo recitato.
Una storia tanto incredibile dall’essere ritenuta finta, costruita.
Ma no. L'abitazione è in piazza Carlo III.
L’epilogo è nella seconda parte del video, quando si è scoperto che il Comune di Napoli, attraverso Francesca Menna, vice sindaco con delega ai cimiteri e alla salute, ha trovato due imprese di pompe funebri disponibili alla sepoltura della donna sfortunata.
Non è una storia di degrado e abbandono.
La casa non è un basso sgarrupato, di quelli che si arrampicano lungo i vicoli di Napoli.
Ma il tenore del racconto, il corpo ripreso e mostrato come un peso della propria vita da non poter sorreggere nella riservatezza di un momento privatissimo, solleva l’asticella, compie per la prima volta il consapevole superamento di un limite. Nel condividere un letto di morte non c’è nulla che richiami a pur disperatissimo affetto: evapora con la fotocamera ogni briciola di rispetto che si deve a un passaggio sacro e definitivo.
Quella di Luca Franzese è la rappresentazione plastica della società liquida di Bauman: il mondo di mezzo che salta e si mischia al grande evento, alla tragedia vera. Si naviga a vista in un mare indistinto, senza vele e senza timone: il naufragio si scansa incocciando vento buono.
Manca il perché.