Il 14 settembre del 2015 Nunzio Annunziata tolse la vita alla sua compagna Enza Avino. Aveva 35 anni e voleva lasciarlo perché non lo amava più. Ieri, un anno e due mesi dopo, dal Tribunale di Nola è arrivata la sentenza di primo grado, in un processo dal rito abbreviato, che condanna l’uomo a 30 anni di carcere. Solo trent’anni di carcere perché non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà. Non l’ergastolo come chiedevano il pm Maurizio De Franchis e i genitori della ragazza, Stefano Avino e Giovanna Gifuni.
«Come minimo, dovevano buttare le chiavi – esplode rabbiosa la madre di Enza – Mia figlia non c’è più mentre lui adesso sta ancora respirando. Lui è vivo, mia figlia chi me la restituisce?». Piangendo, gli fa eco Stefano, suo marito: «Ha ammazzato anche Carmine, mio nipote. Ha commesso due omicidi perché quel ragazzo, da quando è morta la madre, non sta bene». Giovanna ritorna sul tema affrontato dal marito: «Io ho perso mia figlia, mio nipote ha perso la mamma. Anche lui dovrebbe perdere tutti i suoi cari. Solo così capirebbe lo strazio e il dolore che ha generato nella nostra famiglia».
Quello di Terzigno fu un femminicidio. Lei lo lasciò, lui la perseguitava. Nunzio era stato anche denunciato più volte. Di lui Enza aveva paura. Il 14 settembre del 2015 l’atroce delitto. L’inseguimento lungo via Fiume, fino all’esterno di una farmacia. Sette colpi di pistola. Il corpo della donna trascinato per metri e metri. Il furto della borsa. Poi la fuga, terminata all’alba del giorno dopo quando Nunzio venne ritrovato dai Carabinieri a Poggiomarino, nascosto goffamente sotto un furgone. Sequenze e scene di un efferato omicidio che, rileggendole, ci lasciano ben comprendere la rabbia e la delusione dei genitori di Enza alla lettura della sentenza. Se non è crudeltà, questa….
Rocco Fatibene