Il reinserimento lavorativo e la formazione professionale rappresentano strumenti decisivi per abbattere il rischio di recidiva tra i detenuti. Dati recenti dimostrano che meno del 10% di coloro che partecipano a percorsi formativi e di inserimento lavorativo in carcere torna a delinquere. Questo risultato è nettamente inferiore rispetto a chi segue trattamenti standard, evidenziando l’efficacia di queste iniziative. "Esiste un ampio margine per incrementare l’impegno della cooperazione sociale in questo ambito", ha affermato Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà, durante il convegno “Cooperazione sociale e giustizia: un ponte tra carcere e società” organizzato presso il Cnel. Granata ha sottolineato che un detenuto su tre, tra quelli occupati nel settore privato, lavora in cooperative sociali associate a Confcooperative. Attualmente, oltre 1.500 detenuti ed ex detenuti partecipano a percorsi formativi, tirocini e borse lavoro, e circa 3.000 ex detenuti continuano la loro collaborazione con le cooperative anche dopo aver scontato la pena.
Un modello di reinserimento sostenibile
L’evento al Cnel non è stato casuale: proprio questa istituzione ha avviato il progetto "Recidiva zero", che mira a ridurre drasticamente il tasso di recidiva attraverso proposte normative elaborate insieme al Ministero della Giustizia. Il presidente del Cnel, Renato Brunetta, ha ribadito l'importanza di investire in percorsi di formazione, scuola e lavoro per spezzare il “circuito perverso” che vede il carcere solo come luogo punitivo. "Oggi il sistema carcerario è un costo economico e sociale: lo Stato spende oltre 4 miliardi di euro l’anno per gestire le carceri, ma senza una prospettiva di futuro per chi ne esce. Questo è un errore, sia etico che economico", ha sottolineato Brunetta.
Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha rilanciato la sfida: "La recidiva zero deve essere un obiettivo condiviso, che unisce lo Stato e i corpi intermedi. È necessario rafforzare le infrastrutture sociali, sia materiali che immateriali, per garantire un reinserimento efficace e sostenibile".
Il ruolo della cooperazione sociale
Le cooperative sociali rappresentano un ponte fondamentale tra il carcere e la società. In Italia, sono circa 110 le cooperative aderenti a Confcooperative che offrono opportunità di lavoro e percorsi di reinserimento a detenuti ed ex detenuti, occupando oltre 1.100 persone in lavorazioni intramurarie e attività esterne. Inoltre, più di 4.000 individui usufruiscono di servizi residenziali e programmi di supporto, spesso dedicati a persone con problemi psichiatrici o dipendenze. Granata ha evidenziato l'importanza di rendere stabile il ruolo della pubblica amministrazione come partner nel processo di reinserimento, proponendo un piano di acquisti sociali da parte della PA. Questo approccio consentirebbe di migliorare l’efficacia dei servizi e rafforzare il legame con il territorio, trasformando il carcere da luogo di isolamento a opportunità di crescita.
Un investimento per il futuro
Investire nel reinserimento lavorativo dei detenuti non è solo una scelta etica, ma anche economica. Con un costo medio di oltre 150 euro al giorno per detenuto, favorire percorsi di inclusione riduce significativamente la spesa pubblica e crea valore per la società. Le storie di successo delle cooperative sociali dimostrano che il lavoro è un antidoto potente contro la recidiva, capace di offrire una seconda possibilità a chi ha sbagliato, trasformando il carcere in una porta aperta verso il futuro. In definitiva, costruire un sistema basato su formazione e lavoro è una strategia vincente per ridurre la recidiva e trasformare la giustizia in uno strumento di reale inclusione sociale.