Fuggito in Maserati, con compagna e figlio: Bozzoli superlatitante

Secondo i giudici ha ucciso lo zio facendo sparire il corpo nell'altoforno della fabbrica

fuggito in maserati con compagna e figlio bozzoli superlatitante

Il mandato di cattura internazionale e le distrazioni che hanno portato alla clamorosa fuga

Giacomo Bozzoli è scomparso con la compagna, il figlio, e la sua Maserati. La conferma dell'ergastolo, decisa dalla Cassazione, non lo ha colto di sorpresa. La sentenza di ergastolo è diventata definitiva lunedì 1 luglio. Ma lui era già chissà dove mentre a Roma i giudici della Suprema Corte confermavano i verdetti del primo e del secondo grado: ergastolo, per aver ucciso suo zio Mario, 52 anni, la sera dell'8 ottobre 2015. L'ha ammazzato perché lo odiava, convinto che intralciasse i suoi progetti di lavoro e di guadagni. Ha gettato il corpo nel forno della fonderia di famiglia dove lavorava, a Marcheno, vicino Brescia.

Torniamo a questi ultimi giorni. Secondo fonti inquirenti, Giacomo Bozzoli, quarant'anni ancora da compiere, è scappato su una Maserati. Non ha il passaporto perché gli è scaduto e non l'ha rinnovato. Ma il dettaglio più incredibile è che non è una fuga solitaria. Con lui ci sono la compagna Antonella e il figlio di quasi nove anni. Ieri sera, pare che la Procura abbia saputo (non è chiaro se tramite la famiglia o uno dei suoi avvocati) che il fuggiasco si trova in un Paese confinante con l’Italia. Sarebbero in corso tentativi di convincerlo a rientrare. "Comunque, qualunque cosa abbia architettato per avere un futuro da uomo libero io la vedo complicata", ci dice uno degli inquirenti. "Può funzionare in un film americano, ma così, con la donna e il figlio al seguito, è una partita persa. Dove vanno? Dove va il bambino a scuola? Come si nascondono? Sono segnalatissimi ovunque...".

Segnalatissimi. Cioè lui dichiarato latitante con un decreto, segnalazioni alle polizie, agli aeroporti, alle ferrovie, agli alberghi, ai porti di tutta Europa e nei Paesi extra Schengen. Possibilità di farcela: "Basse tendenti a zero", dice la nostra fonte.

Domanda: si potevano seguire i suoi movimenti nei giorni a ridosso della sentenza di Cassazione per evitare questo epilogo? E ancora: si poteva decidere di mandarlo in carcere dopo la sentenza d’appello? È evidente che non è stato tenuto d’occhio negli ultimi giorni, i suoi vicini di casa dicono che non lo si vede da circa una settimana. Nessuno lo confermerà mai ufficialmente, ma non è raro che le forze dell’ordine controllino un imputato come lui quando si avvicina l’ora della sentenza definitiva. Però è anche vero che lui non aveva restrizioni di nessun genere. Volendo, avrebbe potuto andare in vacanza a mille chilometri da Brescia fino a un’ora prima della sentenza. E poi non gli è mai stato contestato il pericolo di fuga che sarebbe stato motivo di custodia cautelare in carcere anche prima del terzo grado di giudizio.

Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli dice che "in un processo ad alto contenuto indiziario, come questo, ritengo faccia parte della fisiologia del sistema che l’imputato sconti la pena solo dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile. È un principio di civiltà giuridica". Del resto — forse perché aveva programmato tutto o forse perché davvero non ci ha pensato fino a pochi giorni fa — Giacomo Bozzoli in questi otto anni e mezzo ha sempre cercato di convincere il mondo che mai sarebbe scappato davanti alla Giustizia. È arrivato libero al giorno della Cassazione perché si è venduto l’immagine dell’imputato modello che avrebbe affrontato la legge fino in fondo "perché sono innocente".

Fra i dettagli raccolti in queste ore da chi sta provando a mettersi sulle sue tracce ci sono le sue visite recenti alla scuola del figlio. È andato a parlare con i professori, alla festa scolastica di fine anno, a ritirare la pagella. Tutto questo pochi giorni fa. A vederla con il senno di poi è quasi un eccesso di visibilità per raccontare di sé che lui c’era, che era lì ad aspettare la decisione finale dei giudici. Che mai sarebbe scappato.

All’udienza di lunedì, a Roma, era presente suo padre Adelio, il fratello dell’uomo ucciso. Prima che cominciasse la caccia a suo figlio si è detto convinto che Giacomo fosse "a casa al lago" ad aspettare il verdetto. Dopo, quando la fuga era ormai evidente, ha risposto a monosillabi quando gli è stato chiesto se fosse preoccupato. Sì, ha lasciato intendere. Preoccupato, "ma non mi faccia dire altro, in questo momento non saprei cosa aggiungere", ha detto scendendo dal treno che lo ha riportato a Brescia.

Nessun commento nemmeno dalla moglie e dai figli di Mario, la vittima. Le rassicurazioni degli inquirenti sono tutte per loro: "Lo troveremo, pagherà il suo conto alla Giustizia".