A pochi giorni dal voto, l’indagine sull’assegnazione dei fondi regionali in Umbria scuote la scena politica, riaccendendo il dibattito sulla trasparenza e la gestione delle risorse pubbliche.
È partita da un esposto anonimo l’inchiesta che ha coinvolto la governatrice umbra Donatella Tesei e l’assessora al Bilancio Paola Agabiti. Al centro, due delibere della giunta regionale per l’assegnazione di fondi aggiuntivi del Piano di sviluppo rurale, messi a disposizione per la ripresa economica post-Covid. Tra i beneficiari di questi fondi figura anche un’azienda appartenente a una rete d’imprese legate al settore tartuficolo, nella quale il figlio di Tesei avrebbe lavorato e che sarebbe di proprietà del marito dell’assessora Agabiti.
Dopo l’indagine preliminare e la cancellazione del reato di abuso d’ufficio, il procuratore Raffaele Cantone ha richiesto l’archiviazione, confermata dal gip del tribunale di Perugia. Tuttavia, la tempistica e i possibili conflitti di interesse hanno alimentato le polemiche. La leader del centrosinistra, Stefania Proietti, ha parlato di “inopportunità politica” e ha sottolineato il rischio di interferenze familiari nell’amministrazione regionale. Il segretario del Partito Democratico umbro, Tommaso Bori, ha affermato che la vicenda "mette in evidenza un sistema consolidato che si è servito delle istituzioni per finanziare aziende di famiglia," evidenziando un presunto conflitto d’interessi.
Dall’altro lato, Donatella Tesei ha replicato con fermezza, dichiarando di essere venuta a conoscenza dell’inchiesta solo dalla stampa. Ha difeso l’operato della sua amministrazione, ribadendo che il suo impegno è dedicato “al bene dell’Umbria” e definendo le accuse un tentativo di “fango a orologeria,” volto a influenzare il voto. A sostegno della governatrice è intervenuto anche Riccardo Augusto Marchetti, segretario della Lega Umbria, che ha accusato la sinistra di utilizzare “una strategia di mistificazione per mascherare la mancanza di contenuti.”
Il dibattito, che coinvolge anche l’ex presidente della Regione, Catiuscia Marini, ha scosso il clima elettorale: Marini, dimessasi nel 2019 dopo essere stata indagata per abuso d’ufficio, ha commentato su Facebook chiedendo alla Tesei di “raccontare la verità,” ricordando come il reato fosse abrogato solo di recente. Dalle file del Movimento 5 Stelle, la deputata Emma Pavanelli ha lamentato che la depenalizzazione rappresenti una “diminuzione dei presidi di trasparenza” per la pubblica amministrazione.
In questo clima, il rischio è che la discussione sul futuro della regione venga oscurata dalla polemica. Le elezioni umbre, caratterizzate da una sfida testa a testa tra centrodestra e centrosinistra, potrebbero risentire di questa vicenda, alimentando dubbi tra i cittadini sulla gestione delle risorse pubbliche e la trasparenza della classe politica. Le tensioni si protrarranno fino alla seduta del Consiglio regionale del 5 novembre, dove si prevede che la Tesei e Agabiti dovranno rispondere alle domande dei consiglieri sulle ombre che questa inchiesta ha sollevato.