Dal casertano all'Irpinia per ammirare le bellezze del territorio

L'iniziativa promossa dall’assessorato alla cultura del comune di Cesa

dal casertano all irpinia per ammirare le bellezze del territorio

Un viaggio di natura culturale per visitare i luoghi della Campania...

Cesa.  

La partenza è prevista per domani mattina alle 7.30, con raduno in viale Berlinguer, per raggiungere la città di Gesualdo, in provincia di Avellino.

Promossa dall’assessorato alla cultura retto da Gina Migliaccio, in collaborazione con la Parrocchia di San Cesario Martire ed il Parroco don Giuseppe Schiavone, domani mattina la comunità locale andrà in pellegrinaggio in questo paese.

È prevista la visita al Castello, la celebrazione della Santa Messa. Successivamente il gruppo pranzerà nel borgo di Paternopoli per, poi, visitare il Santuario di Maria SS della Consolazione. Nel tardo pomeriggio si raggiungerà Avellino per le luminarie e la visita al Christmas Village.

“E’ una iniziativa quella che abbiamo voluto organizzare - sottolinea l’assessore alla cultura Gina Migliaccio - per un viaggio di natura culturale, per visitare luoghi nella nostra Regione”.

Ma c’è anche una ulteriore ragione, per cui è stato scelto questo luogo ed è legata alle vicende che hanno scosso la comunità locale nell’anno 2024. I lutti che si sono registrati, di giovani vite spezzate, hanno suggerito questa gita, in un luogo dove vi sono i segni delle opere Carlo Gesualdo, noto anche come Gesualdo da Venosa. Compositore italiano e membro della nobiltà del Regno di Napoli del tardo Rinascimento, nel 1590 eseguì un omicidio, ai danni della moglie e del suo amante.

Decise, per affrontare quel dolore, di edificare monumenti e chiese e di comporre musica. È un esempio di come dal male può nascere il bene. “Un compositore tanto grande quanto inquietante”, così scriveva Igor Stravinsky di Gesualdo da Venosa.

Carlo Gesualdo nacque a Venosa l’8 Marzo del 1566 da Fabrizio e Geronima, sorella di Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. A Napoli Carlo venne avviato dal padre, amante del bello e noto mecenate, agli studi letterali e musicali, compiuti in quelle che venivano considerate le più prestigiose scuole dell’epoca della Controriforma.

Da giovane Carlo rivelò presto il suo genio compositivo e a soli 19 anni pubblicò il suo primo mottetto: “Ne reriscaris, Domine, delicta nostra”, “Perdona, Signore, i nostri peccati”: un titolo che a posteriori pare quasi una premonizione.

Gesualdo si rivelò un musicista raffinatissimo, innovatore ed eccezionale precursore della musica moderna, e fu di conseguenza onorato e ossequiato dagli uomini di cultura di mezzo mondo.

Quando nel 1584 morì il suo fratello maggiore Luigi, toccò a Carlo, principe di Venosa, assumere l’onere della continuazione del casato. Conseguentemente, due anni dopo sposò, per volere delle famiglie (e previa dispensa papale), sua cugina Maria D’Avalos, già vedova e madre, di sei anni più grande di lui, descritta dalle cronache dell’epoca come una donna molto bella.

Dal loro matrimonio nacque Emanuele, erede del casato, ma l’unione tra i due sposi si dimostrò tormentata. Maria s’innamorò e intrecciò una relazione con Fabrizio Carafa, duca di Andria, anch’egli sposato con prole.

Per un lungo periodo i due si incontrarono nel palazzo napoletano dei Gesualdo, fino a quando lo scandalo non arrivò alla bocca di tutti. Carlo decise di lavare col sangue l’offesa recata al nome della sua famiglia: la notte del 17 Ottobre 1590 finse di partire per una battuta di caccia ma, tornato sui suoi passi, sorprese gli amanti in flagrante e li fece uccidere dai suoi servitori.

I loro corpi nudi e straziati dimostrarono alla città che l’onore del Principe era salvo. Confessato il crimine al conte di Miranda, rappresentante del re di Spagna a Napoli, Carlo venne subito prosciolto per “causa giusta”.

Il conte di Miranda suggerì ad ogni modo al Principe di rifugiarsi a Gesualdo per sfuggire all’ira delle potenti famiglie D’Avalos e Carafa, che consideravano grave offesa il delitto compiuto per mano dei servitori.  Rifugiatosi a Gesualdo, luogo segnato dal suo cognome, Carlo poteva considerarsi al riparo da ogni vendetta esterna, ma poiché il ricordo del duplice delitto lo tormentò per sempre, fu quel rimorso interiore la sua peggior punizione

Nel 1594 si risposò con Eleonora d’Este a Ferrara e in tal modo Carlo Gesualdo si introdusse nell’Accademia musicale più aristocratica ed esclusiva del tempo, ove nello stesso anno apparvero i primi suoi due libri di madrigali. Nel 1596, decise di fare ritorno al castello di Gesualdo, fatto restaurare tempo addietro e trasformato in una lussuosa dimora, capace di accogliere anch’essa una fastosa corte musicale.

Nell’ambiente gesualdino, fatto di pace e di aria pulita, di panorami vastissimi e di boschi rigogliosi, il principe poté dedicare molto del suo tempo alla musica, per cui oltre ai quattro libri di Madrigali già pubblicati, ne compose altri due, che fece stampare nel 1611 proprio a Gesualdo, nella tipografia che il tipografo Gian Giacomo Carlino aveva installato nel castello.

Compose inoltre altri Mottetti, un libro di Responsori, un Benedictus, un Miserere, un libro di Sacrae Cantiones a cinque voci e uno a sei voci.

Durante questo lungo periodo della sua vita, diciassette anni, ossessionato dall’espiazione dei propri peccati e dalla ricerca del perdono divino, fece edificare nel paese chiese, conventi e altri monumenti.

A Gesualdo Carlo si dedicò in questi anni solo alla musica e alla caccia, ma nel frattempo le sue condizioni psicologiche continuavano a peggiorare. Il Principe da un lato finì col nutrire una venerazione morbosa per San Carlo Borromeo, fratello di sua madre, dall’altro la sua seconda moglie, Eleonora, era oggetto di continui maltrattamenti. La personalità conflittuale di Carlo, sempre più attanagliata dal rimorso, era costantemente in preda ad ossessioni religiose che lo portarono addirittura a violente pratiche autopunitive.

Eppure, in questo contesto di sofferta contrizione egli creò, come si è detto, gli ultimi capolavori di musica sacra: i Responsoria per la Settimana Santa e gli ultimi due libri di madrigali, il Quinto e il Sesto.