Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta ha eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dall'Ufficio del Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura, di beni per un valore complessivo superiore ai 2,5 milioni di euro nei confronti della "Dossier Società Cooperativa Giornalistica", a responsabilità limitata, operante nel settore dell'editoria, nonché dell'amministratore di fatto e dei due rappresentanti legali protempore della medesima società.
Il provvedimento di sequestro rappresenta l'epilogo di un'indagine svolta dalla Guardia di Finanza di Taranto in collaborazione con quella di Caserta che ha consentito, secondo l'accusa, “di disvelare la illecita percezione, da parte della società cooperativa "Dossier", dei finanziamenti pubblici all'editoria, previsti a garanzia del pluralismo dell'informazione, per le annualità 2009, 2010 e 2011. La normativa di riferimento prevede che, al fine di conseguire il finanziamento all'editoria, le cooperative della specie devono associare almeno il 50% dei giornalisti dipendenti, aventi rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale di lavoratore giornalistico, con la clausola di esclusiva con le cooperative medesime. L'attività investigativa espletata ha consentito – scrive il procuratore nella nota diffusa -, allo stato, di ricostruire il meccanismo truffaldino architettato e realizzato: far figurare la compagine societaria come composta da giornalisti, con contratto di esclusiva, in numero tale da superare la predetta soglia percentuale; e ciò contrariamente al vero, trattandosi di giornalisti che, in realtà, non ricoprivano affatto il ruolo di soci. Infatti, i giornalisti sentiti come persone informate dei fatti hanno escluso la qualità di soci della cooperativa, precisando la loro associazione alla cooperativa fosse solo fittizia e non attribuibile alla propria volontà. Essi, hanno, invero, dichiarato che la loro partecipazione era stata dettata dalla necessità di accesso o di conservazione del posto di lavoro, a fronte della minaccia di licenziamento, risolvendosi quindi in un mero rapporto di lavoro dipendente. Nella medesima prospettiva gli stessi hanno dichiarato, inoltre, di non avere versato alcuna quota associativa, né di avere ottenuto il rimborso al momento del licenziamento, nonché di avere firmato documenti precompilati e privi di data al momento dell'ingresso nella cooperativa, sempre sotto la minaccia della risoluzione del rapporto di lavoro”. Gli investigatori spiegano ancora che “addirittura, in alcuni casi, i giornalisti dipendenti hanno riferito di non essere stati affatto al corrente della loro qualità di socio, appresa soltanto in epoca successiva al licenziamento. Tale condotta artificiosa ha così integrato la fattispecie di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, in quanto ha indotto in errore il Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria, facente capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, determinandolo all'erogazione di un beneficio non dovuto sul presupposto ingannevole dell'esistenza dei requisiti richiesti dalla disciplina di settore”.