"Le udienze in corso sui fatti del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere con imputati alcuni agenti stanno dando la giusta dimensione ad una vicenda che ha scatenato una campagna di diffamazione ed odio contro tutto il Corpo di Polizia Penitenziaria".
Lo sostiene il segretario del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo commentando la nuova ritrattazione di un detenuto.
"E non è il primo detenuto sentito come teste che in aula si contraddice o parzialmente ritratta rispetto a quanto dichiarato ai carabinieri durante la fase di indagine grazie soprattutto alle domande incalzanti del Pm. Sono numerosi i “non ricordo” e le testimonianze inattendibili che è possibile ascoltare nel processo.
E sempre nella stessa aula giudiziaria un detenuto testimone ha pesantemente minacciato un avvocato di agenti penitenziari (“Ti faccio due buchi in testa") a conferma che - aggiunge Di Giacomo - i detenuti non si fanno scrupoli a minacciare e il castello di accuse comincia a cedere e comunque l’insieme di accuse a ridimensionarsi.
Dunque vacilla la tesi che tutti gli agenti penitenziari sono torturatori seriali e si conferma che le testimonianze di detenuti non vanno considerate sempre e in ogni caso attendibili al contrario di quelle degli agenti che sono gli unici a pagare.
La nostra posizione è chiara da sempre: se ci sono state responsabilità personali vanno perseguite sino al terzo grado di giudizio ma non possiamo accettare ulteriori attacchi generalizzati al personale penitenziario.
Il risultato di questa situazione è che ad oggi sono 250 gli agenti sospesi dal servizio con varie imputazioni mentre i detenuti autori di rivolte, danneggiamenti, aggressioni e violenze contro i caschi blu continuano a sentirsi “padroni” delle carceri.
È questo il clima sempre più intollerabile che si respira negli istituti penitenziari con la confusione tra “vittime” e “carnefici”, dando credito a esponenti di clan e gruppi della criminalità organizzata ai quali basta negare una qualsiasi cosa perché non consentita dal regolamento penitenziario per scatenare la sfida e la violenza. Almeno noi - aggiunge Di Giacomo - non siamo più disponibili a subire la campagna interna di odio, di fatto rafforzata dall’assenza di difesa degli agenti ad opera dello Stato, e quella sempre più insopportabile di sospetti che viene dall’esterno”.