A 70 anni, si è pentito il boss dei Casalesi Francesco Schiavone. Soprannominato Sandokan, è ritenuto uno dei fondatori della sanguinaria camorra della provincia di Caserta.
Secondo quanto si apprende, ai familiari di Schiavone - originario di Casal di Principe - è stato offerto di entrare nel programma di protezione riservato ai familiari dei collaboratori di giustizia, come avvenuto già nel 2018, quando a pentirsi fu il figlio Nicola Schiavone. Ergastolano, detenuto da anni al 41 bis, Francesco Schiavone è in carcere ininterrottamente da 26 anni: è stato arrestato nel 1998. Da principale imputato, è stato condannato nel maxi processo Spartacus.
Direzione antimafia conferma pentimento 'Sandokan'
L'avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato 'Sandokan', viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.
Casalesi, Francesco Bidognetti e Michele Zagaria gli irriducibili
Dopo la notizia della decisione del super boss Francesco Schiavone 'Sandokan' di pentirsi, restano per ora irriducibili nella loro volontà di non collaborare con lo Stato l'altro storico capo dei Casalesi Francesco Bidognetti, noto come "Cicciotto e Mezzanotte", in carcere dal 1993, e Michele Zagaria, catturato il 7 dicembre 2011 dopo sedici anni di latitanza. Tra i boss dei Casalesi che hanno deciso di collaborare con la giustizia compare invece anche Antonio Iovine, "o ninno", arrestato nel 2010 dopo 15 anni di latitanza.
Chi è Sandokan, il capoclan indiscusso per anni dei Casalesi
È stato per anni il vertice indiscusso del clan dei Casalesi, organizzazione criminali tra le più potenti d'Italia con radici a Casal di Principe, in provincia di Caserta. Francesco Schiavone, detto Sandokan per una vaga somiglianza con l'attore Kabir Bedi, inizia la sua carriera criminale prestissimo, a 18 anni con il suo primo arresto per detenzione di armi.
Negli anni '80 entra a far parte della "Nuova Famiglia" di Antonio Bardellino e Mario Iovine, in lotta con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Dopo l'omicidio di Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988 in circostanze ancora oggi non chiare, diventa leader incontrastato del clan, avviando l'espansione e l'infiltrazione dei "Casalesi" nel mondo dell'imprenditoria e della politica locale, con forti interessi nel settore del traffico illecito di rifiuti.
Nel 1990 viene arrestato in un blitz a casa dell'allora vicesindaco di Casal di Principe. L'ultimo arresto risale all'11 luglio 1998, giorno in cui finisce la sua latitanza. Schiavone viene sorpreso all'interno di un rifugio nella sua Casal di Principe, in compagnia delle sue due figlie piccole. È tra gli imputati del maxi processo Spartacus, originato dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli sul clan dei Casalesi e concluso con la condanna all'ergastolo per lui e per altri boss come Francesco Bidognetti e gli allora latitanti Antonio Iovine e Michele Zagaria. Inizialmente detenuto nel carcere milanese di Opera, è stato successivamente trasferito a L'Aquila. Nel 2018 gli è stato diagnosticato un tumore. Oggi la notizia della sua decisione di collaborare con la giustizia, seguendo la strada già intrapresa dai figli Nicola (in carcere dal 2010, pentito dal 2018) e di Walter (collaboratore di giustizia dal 2021), e diventando così il secondo capoclan dei Casalesi a pentirsi dopo Antonio Iovine detto "o ninno", che ha iniziato a parlare con i giudici nel 2014.
Camorra, Libera Campania: ora Schiavone faccia luce su traffico rifiuti
"Ora ci auguriamo che il signor Schiavone aiuti, attraverso il suo pentimento, a far luce sui tanti misteri segreti che avvolgono il territorio casertano e gli affari che i Casalesi hanno storicamente intrattenuto anche in giro per l'Italia. Mi riferisco non solo al traffico di droga e naturalmente alle vicende legate a racket e usura, ma in particolare al traffico illecito di rifiuti di cui protagonisti per anni, inventando di fatto il mestiere dell'ecomafioso. Un fenomeno che oggi resta tra i più avvolti nel mistero, con legami con un pezzo di mondo politico e dell'imprenditoria italiana. Il signor Schiavone può aprire una breccia e far luce non solo su persone, fatti e reati, ma su storie che riguardano il nostro Paese e in particolare la Campania, terra lungamente avvelenata".
Così a LaPresse il referente di Libera Campania, Mariano Di Palma, commenta la notizia del pentimento di Francesco Schiavone detto Sandokan, per anni al vertice del clan dei Casalesi.
Il suo pentimento, sottolinea Di Palma, "non è il primo nella famiglia Schiavone ed è in continuità con una storia che conferma che il percorso che la magistratura fa è buono perché produce risultati. Quando un reggente di un clan cade e si pente, questo dà la possibilità di aprire un varco sui legami territoriali e sugli affari del clan e non fa altro che indebolire i resti della storia criminale che permane sul territorio".
Di Palma sottolinea poi il ruolo "dell'antimafia sociale, che ha riutilizzato i beni confiscati e fatto della memoria di don Peppe Diana un faro per illuminare i territori, e della magistratura che ha dato duri colpi al sistema piramidale dei Casalesi. Oggi il territorio del Casertano vede una maggiore debolezza dei clan, pur osservando un sistema di clientele, corruzioni e infiltrazioni in maniera abbastanza importante. Per questo - conclude - non bisogna abbassare la guardia, nonostante l'indebolimento del clan dei Casalesi sia un fatto".