Riempire le carceri di clienti di prostitute, come alcuni parlamentari chiedono attraverso una proposta di legge, è la nuova e gravissima conferma che i politici ignorano del tutto i problemi del nostro sistema penitenziario. Le carceri italiane stanno scoppiando e gli agenti sono sotto tiro dei violenti”.
Ad affermarlo è il segretario generale del sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo evidenziando che al 30 aprile 2022, secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia, i detenuti presenti nelle carceri italiane sono 54.595 a fronte di una capienza regolamentare di 50.853 posti, con un tasso di sovraffollamento carcerario pari al 107,35%: una situazione di sovraffollamento che, seppur migliorata rispetto al livello raggiunto allo scoppiare della pandemia, rimane a tutt’oggi molto preoccupante. Di fatti, come tutte le statistiche, ci sono situazioni di carceri specie in Campania, Sicilia, Calabria dove il sovraffollamento è di gran lunga maggiore della media generale. Così - aggiunge Di Giacomo - invece di occuparsi di come controllare meglio le carceri e quindi delle quotidiane aggressioni al personale penitenziario che hanno superato il numero di 10 la settimana si trova il tempo per scrivere populistiche proposte di legge. La confusione mentale è tale che da una parte si introducono le “casette dell’amore” per riconoscere il cosiddetto diretto all’affettività sessuale dei detenuti e dall’altra si pensa di punire i clienti di prostitute.
Non mi meraviglierei se qualcuno arrivasse a proporre l’arrivo di “servizio prostitute” in carcere. Si pensi piuttosto come affrontare i gravissimi episodi di aggressione al personale penitenziario, in aggiunta all’ “effetto emulazione” con gli incendi nelle carceri che sono l’avvisaglia pericolosissima che con l’estate può riprendere la stagione delle rivolte con tutti i rischi e le conseguenze che abbiamo conosciuto nella primavera del 2020”. “Purtroppo politica, Ministero, Parlamento continuano a chiudere gli occhi sulla realtà del nostro sistema penitenziario: dalle carceri del Nord e del Sud del Paese boss ed esponenti di spicco della criminalità organizzata comandano.
È naturale chiedersi se siamo solo di fronte ad una diffusa incapacità di far fronte alla criminalità che opera dal carcere o se c’è dell’altro. Questa situazione – dice ancora Di Giacomo – non lascia prevedere niente di buono per questa calda estate nella quale i clan organizzati vorrebbero alzare il tiro dello scontro con lo Stato per puntare direttamente allo smantellamento del regime di carcere duro. Evidentemente, c’è il sentore dell’ulteriore debolezza dello Stato e che si può approfittare da una parte del clima buonista nei confronti dei detenuti e dall’altra della campagna contro gli agenti “violenti e picchiatori”. Noi – conclude Di Giacomo - continuiamo a mettere in guardia: è ora - non domani quando le rivolte sono scoppiate - il momento di reagire”.