Tribunale Caserta, numeri da emergenza Giustizia

La relazione del Presidente Elisabetta Garzo: "Carenza di personbale e aule"

Caserta.  

 Il Tribunale di Napoli Nord in Aversa (Caserta) rischia di "divenire simbolo di 'denegata giustizia' con danno nei confronti dell'utenza e di tutta la cittadinanza". Lo scrive il presidente del Tribunale di Napoli Nord, Elisabetta Garzo, nella sua relazione in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario 2018. A fronte di "una crescita dei flussi sia intermini di sopravvenienze che in termini di definizione", Garzo segnala che "la carenza di personale amministrativo e la scarsità di aule penali, solo 8  di cui 3 di ridotte dimensioni, sta comportando il rischio più che concreto di rallentamento dei tempi di definizione degli affari monocratici. Quanto agli affari collegiali, hanno scontato anche la mancanza in sede di aule adeguate e attrezzate con la videoconferenza per la partecipazione a distanza". Considerata la mole di processi per camorra e l'esame di molti collaboratori di giustizia, "spesso i collegi sono stati costretti a spostarsi fuori sede presso un tribunale ospitante che ha messo a disposizione un'aula per la videoconferenza", fatto che "ha inciso sui tempi di definizione dei processi".

Lo stesso concetto che è emerso nel corso dell'intervento del procuratore generale Luigi Riello, in un duro passaggio della sua relazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario.

"Il fatto indiscutibile è che nella nostra regione i galantuomini siano in numero decisamente maggiore dei delinquenti non può farci credere, come acutamente ha argomentato Antonio Polito, che l'egemonia culturale sia nelle mani dei primi e non dei secondi. Anzi, purtroppo, è vero il contrario ed è questo il vero aspetto dolente", ha aggiunto Riello secondo cui "perfino in società più omertose e più abituate al dominio della violenza la 'parte buona' della popolazione è riuscita a farsi sentire nei momenti topici e a provocare una ribellione morale che qui da noi non scatta mai". Una "ribellione morale", ricorda Riello, "come quella che a Palermo, dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio si tradusse in una forte e inequivocabile reazione civile che sorresse la risposta dello Stato. Qui no, se si eccetuano qualche corteo o fiaccolata a cadaveri caldi. Poi silenzio, anzi un muro di omertà".