Operazione dei carabinieri della Compagnia di Caserta che in queste ore stanno notificando un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di 15 persone, tutte di Napoli, ritenute responsabili a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al reato di truffa in danno di anziani. L’indagine, coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ha consentito di scoprire 37 truffe, messe a segno perpetrate ai danni di anziani tra giugno e ottobre 2016.
Sono stati incastrati grazie alle intercettazione telefoniche e una serie di servizi di pedinamento e appostamenti fatti dai carabinieri del Comando provinciale di Caserta che questa mattina all'alba hanno arresto 15 persone (undici in carcere e quattro agli arresti domiciliari),accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni di anziani. Circa quaranta episodi fra truffe consumate e tentate ai danni sempre di persone in là con gli anni. L'indagine, avviata agli inizi del 2016 e condotta anche attraverso attività tecniche, ha permesso di appurare l'esistenza di un'organizzazione criminale dedita alla realizzazione di truffe in danno di anziani nel territorio della provincia di Caserta, facendo registrare la propria operatività anche in diverse parti della Regione Campania (provincie di Napoli e Benevento).
“L'ordinanza di custodia cautelare rappresenta – spiega il procuratore Maria Antonietta Troncone - l'epilogo di una complessa, articolata, meticolosa attività investigativa, coordinata dalla Procura di S. Maria Capua Vetere ed affidata ai carabinieri della Stazione di Caiazzo ed ha consentito di operare la ricostruzione di circa quaranta episodi. Il compendio indiziario raccolto attraverso le dichiarazioni di alcune (poche) persone offese, intercettazioni telefoniche, servizi di appostamento (che, in molti casi, ha consentito anche di operare l'arresto in flagranza dei truffatori, evitando che la truffa fosse portata a compimento), ha permesso di calcolare in circa 40 mila euro l'ammontare complessivo del profitto illecito conseguito, rappresentato da somme di denaro, svariati gioielli e monili in oro. Le investigazioni, in particolare, hanno consentito di disvelare la stabile ed articolata struttura organizzativa dell'associazione criminale, caratterizzata da due livelli: il primo livello composto dagli associati preposti all'individuazione delle vittime, alla raccolta di informazioni sulle loro quotidiane abitudini di vita, alla pianificazione della truffa ed al coordinamento di tutte le attività propedeutiche e strumentali alla fase esecutiva del reato; un secondo, ma non meno importante livello, composto dai soggetti preposti alla esecuzione della truffa. L'ingegnoso sistema di raggiro messo a punto dal sodalizio criminale consisteva nelle seguenti fasi: - la preliminare individuazione della vittima, con l'acquisizione del numero di telefono e la individuazione dell'abitazione; - nella successiva c.d. "tecnica della telefonata", attraverso cui l'interlocutore, presentandosi alla vittima (di solito, persona in età avanzata e che, nella maggior parte dei casi, vive sola) come parente/familiare ed il più delle volte chiamandolo "nonno, zio, ecc. instaurando così un colloquio di tipo familiare, chiedeva soldi per un oggetto che sarebbe stato, da li a poco, consegnato da un corriere, previo versamento di una somma di denaro oscillante tra i 1.000 ed i 3.000 euro; in tal modo, la banda dei truffatori superava la resistenza psicologica della vittima, che, evidentemente, si fidava dell'apparente familiare da cui era stata contattata telefonicamente e che, di conseguenza, si preparava il terreno per la terza ed ultima fase;- la fase finale consisteva, poi, nel ricontattare la vittima, dopo pochi minuti, simulando di essere il corriere deputato a recapitare il plico. Carpita l'indicazione che rappresentava spesso la conferma dell'ubicazione dell'abitazione ed una volta raggiuntala, il finto corriere consegnava il plico, contenente di solito un bagno schiuma o calzini, ovvero ancora materiale informatico (mouse), ricevendo in cambio il denaro in possesso dell'anziano. Talvolta, in cambio del plico, gli indagati ricevevano anche degli oggetti in oro.
Durante l'esecuzione della fase operativa – spiega ancora il Procuratore di Santa Maria Capua Vetere -, chi era deputato alla mansione di coordinamento delle attività aveva il compito di mantenere i contatti telefonici con la vittima, finalizzati sia ad assicurarsi che quest'ultima non si rivolgesse a parenti o conoscenti che a fornire indicazioni su come raggiungere l'abitazione e sul nome del nipote della vittima che nel frattempo era riuscito a carpire nel corso del colloquio telefonico”. La dottoressa Troncone però evidenzia anche “la poca propensione delle vittime a denunciare. Infatti, l'essere considerati non più autosufficienti e bisognevoli di assistenza ha scoraggiato molti anziani dal sporgere denuncia, agevolando così gli indagati, liberi di agire indisturbati. Già nel corso dell'attività sono stati tratti in arresto, nella flagranza di reato, cinque soggetti e denunciate in stato di libertà tre persone. Le indagini, infine, hanno consentito di ricostruire il ruolo organico ricoperto da tre minorenni all'interno dell'associazione per delinquere incriminata, per i quali procede l'autorità giudiziaria competente”.