Caserta, Como, Sassari e l’Aquila. Sono queste le province interessate questa mattina dall'operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Caserta che hanno arrestato quattro persone con le accuse di concorso in omicidio e detenzione e porto illegale di armi, con l'aggravante del metodo mafioso.
Tutti sono destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura presso la Dda. L'indagine ha consentito, tra l’altro, di individuare nei destinatari del provvedimento, tutti affiliati al clan “dei casalesi”, gli autori dell’omicidio di un imprenditore edile, commesso il 21 ottobre 1992 a Caserta.
Vincenzo Feola aveva 58 anni, era imprenditore del settore tra i più conosciuti in Campania, ex assessore comunale di San Nicola la Strada, paese in provincia di Caserta nel quale era noto e viveva.
All'alba del 21 ottobre di 25 anni fa lo avevano ritrovato riverso sul volante della sua Mercedes all'interno dell'azienda di calcestruzzi, crivellato con numerosi colpi di pistola. A fare il macabro ritrovamento era stato l'addetto alla vigilanza dello stabilimento, richiamato dai colpi uditi.
Questa mattina all'alba i carabinieri hanno notificato le ordinanze di custodia cautelare nei confronti di Francesco Bidognetti, 66 anni, Francesco Schiavone, 64 anni, Andrea Cusano, 60 anni ed Ettore De Angelis, 53 anni, tutti della provincia di Caserta.
Bidognetti e Schiavone, all'epoca ritenuti essere a capo del clan dei casalesi, vengono indicati dall'accusa quali mandanti dell'omicidio.
Le indagini erano state riaperte nel 2015, dopo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno consentito agli investigatori di fare luce sul delitto maturato dopo che Feola non aveva aderito ad un consorzio di calcestruzzi. Un consorzio che doveva gestire le forniture di materiali nei cantieri in provincia di Caserta ed ideato da Antonio Bardellino, al quale avevano aderito praticamente tutti i produttori di calcestruzzo del casertano, tra i quali , spiega la Procura in una nota, “anche Feola che chiese l'estromissione dal Consorzio in quanto non intendeva più aderire alle condizioni economiche dettate dal clan, ovvero la corresponsione di 2.000 lire per ogni metro cubo di cemento distribuito nel normale espletamento dell'attività lavorativa”.
Di qui l'omicidio del 1992 che secondo gli inquirenti della Dda “Feola venne ucciso per la sua errata convinzione di poter determinare il prezzo del cemento sul mercato, al prescindere dalla volontà del Consorzio”.