Valentina Reggiani si porta sulle spalle il “fardello” di 23 anni di onorato servizio sulle ambulanze italiane. Una vita trascorsa, nel modenese, a difendere la salute dei pazienti, a tentare di salvare vite umane, a combattere spesso contro il tempo, in sfide improbe, per tentare di sconfiggere la morte. Valentina è una infermiera del 118, oggi amareggiata e delusa: la donna denuncia, in un recente articolo apparso sul Resto del Carlino, che non riesce più a svolgere serenamente il lavoro che più ama. In pochi giorni racconta di essere stata aggredita fisicamente, per ben due volte. E di aver rischiato la vita in entrambe le occasioni. Prima per strada, nel tentativo di soccorrere un ferito appena investito da un’auto, picchiata ripetutamente dalla stessa vittima che di improvviso si è trasformata in carnefice, poi, a distanza di poco tempo, all’interno di una abitazione privata, dove un uomo avrebbe tentato di strangolare sia lei che un collega.
«Apprendo di questi fatti assurdi, esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up, sindacato infermieri italiani, e inorridisco di fronte al dilagare di tale violenza. Non si tratta più di proteggere solo gli operatori sanitari all’interno delle corsie degli ospedali e dei pronto soccorsi, dove ogni giorno, pazienti e parenti di questi ultimi, in preda a tumultuosi e incontrollabili atteggiamenti di ira, scatenano la propria rabbia sui colleghi infermieri e su chiunque altro capiti a tiro. Dobbiamo pensare anche agli infermieri che operano per il 118.
E in questo caso si tratta di un rischio ancora più elevato, dal momento che i loro interventi si svolgono ogni giorno per strada o nelle abitazioni di coloro che chiamano i soccorritori. Non è possibile ritrovarsi con i segni delle mani di uno sconosciuto sul proprio collo: uno sconosciuto a cui hai tentato di dare tutto te stesso per difendere la sua salute e in alcuni casi per salvarlo dalla morte, continua De Palma.
E allora cosa facciamo? Diciamo basta con una "quasi legge", ormai giunta quasi all’approvazione definitiva, che non fa altro che spostare l'epicentro del problema? E qui mi rivolgo a quelle istanze rappresentative della professione che sono state chiamate dalle istituzioni a dire la loro su questa " quasi legge": ma come è possibile che voi, infermieri come noi, e tra le altre cose garanti di alcuni nostri diritti fondamentali, non vi opponiate ad iniziative di legge che non ci porteranno da nessuna parte?, sbotta De Palma.
Pensiamo per un attimo ad una donna, una infermiera, che si ritrova a casa, davanti allo specchio, con i segni dello strangolamento sul collo. Li mostra al marito e ai figli. Chiedetelo a lei cosa pensa di una legge del genere, chiedetelo a chi ogni giorno combatte e rischia la vita: gli infermieri chiedono una volta per tutte protezione, tutela e, riconoscimenti legittimi, e non normative che agiscono quando il dramma è già stato consumato», conclude De Palma.