Vincenzo De Luca non si arrende. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale che gli ha sbarrato la strada per un terzo mandato, il governatore della Campania continua a giocare un ruolo centrale nella scelta del suo successore. Mentre il centrosinistra prova a evitare la frammentazione, Roberto Fico (M5S) e il Pd insistono: "Prima i programmi, poi i nomi". Ma la partita è ancora aperta, e De Luca potrebbe persino sostenere un candidato "su misura".
La riunione con i capigruppo della maggioranza, convocata per sabato a Palazzo Santa Lucia, sarà il primo banco di prova per testare gli equilibri interni. Gli alleati descrivono De Luca "sereno e concentrato", ma è chiaro che il governatore non intende lasciare il timone senza influenzare la scelta del candidato. Tra le opzioni, c’è anche quella di una lista autonoma, se il centrosinistra non accetterà le sue condizioni.
Fico sotto i riflettori. E il centrosinistra prova a evitare la frattura
Intanto, le forze di centrosinistra si sono già incontrate a Napoli, nella storica sezione del Pci Aurelio Spoto. Presenti Fico, il più quotato tra i papabili, e il commissario dem Antonio Misiani, che ha ribadito: "Con De Luca ci confronteremo, è un nostro iscritto”.
A Capodimonte, nell’incontro organizzato da Rosso Democratico sul Patto per Napoli, tutti gli occhi sono puntati sull’ex presidente della Camera, seduto accanto al sindaco Gaetano Manfredi e al commissario Pd Antonio Misiani. E’ lui l’uomo su cui punta il campo progressista, mentre cominciano a emergere i malumori dell’ala più moderata dei dem che chiede le primarie. Lo stesso Movimento Cinqye Stelle è spaccato tra Fico e laltro papabile candidato alla Regione, ovvero Sergio Costa, attuale vice presidente della Camera e figura certamente meno invisa a De Luca che con il generale ha sempre avuto ottimi rapporti. Ma la linea dal Nazareno è chiara: niente veti, niente primarie anticipate, si parte dai contenuti.
Fico, abile, glissa: «Si parte dai programmi, non dai nomi». Se al mattino, alla Festa della Polizia, qualcuno lo aveva già indicato come possibile governatore («Ha una grande esperienza istituzionale», aveva detto un esponente Pd), la sua replica è un classico della diplomazia politica: «Anche io sono un nome», scherza, senza confermare né smentire. Poi, rivolto alla platea, racconta il suo impegno per Napoli: «Con Manfredi, quando era ministro, passavamo le notti a spulciare i bilanci per salvare la città». Un metodo che contrappone alla spettacolarizzazione della politica, in un chiaro riferimento al "deluchismo".
Ma la vera partita si gioca altrove. Il timore è che De Luca, ora escluso, possa forzare la mano, magari sostenendo un candidato alternativo e spaccare la coalizione. Misiani rassicura: «De Luca è un iscritto al Pd, discuterà con noi». Intanto, però, Elly Schlein manda a Napoli due pezzi da novanta della segreteria nazionale, Igor Taruffi e Davide Baruffi, per coordinare la strategia.
Tra i deluchiani, c’è chi comincia a guardarsi intorno. Mario Casillo, storico alleato di De Luca, ammette: «Fico? Se lo vogliono tutti, non sono io a oppormi. Ma deve farci vincere». Altri, invece, sognano ancora le primarie. Un’ipotesi che Taruffi liquida: «Meglio un confronto allargato con la coalizione».
Intanto, Manfredi prova a tenere la regia. Critica la gestione dei trasporti («Dove sono finiti i treni della Vesuviana?») e lancia un messaggio chiaro: «Napoli deve essere centrale, non per comandare, ma per trainare la Regione». Un’allusione al rapporto complicato con De Luca, che ha sempre visto la città come una provincia ribelle.
La strada è ancora lunga. Fico tiene le carte coperte, il Pd cerca di non farsi travolgere dai veti incrociati, e De Luca, da Palazzo Santa Lucia, continua a lavorare per non regalare a nessuno il patrimonio di consensi e i risultati di questi dieci anni. L’unica certezza è che, senza di lui, niente sarà come prima. E il centrosinistra dovrà decidere se accettare le sue condizioni o rischiare la guerra.
La partita è ancora lunga, e mentre il Pd invia al Sud i suoi emissari per tessere la tela del dialogo, una cosa è certa: De Luca non sarà un semplice spettatore. La sua ombra peserà su ogni trattativa, e la vera sfida per il centrosinistra sarà tenere insieme l’unità senza cedere alla tentazione dello scontro.