Quel tricolore che non si deve offendere: non è un banale ornamento

Sindaci campani sfilano con la fascia a un evento della Lega: simbolo violato con leggerezza

quel tricolore che non si deve offendere non e un banale ornamento

L'uso improprio della fascia tricolore da parte di alcuni sindaci campani durante un evento politico della Lega accende le polemiche. Un gesto che tradisce la sacralità delle istituzioni e riporta alla mente le grandi lezioni di democrazia e rispetto

«Le istituzioni passano, ma la Repubblica resta. L’onore delle istituzioni non è un bene privato, bensì un patrimonio collettivo, da custodire gelosamente per le generazioni future». Potrebbe sembrare un monito contemporaneo, ma sono parole di Sandro Pertini, uomo che più di altri ha incarnato la dignità e l'integrità della Repubblica italiana. Cosa direbbe, oggi, davanti all'utilizzo sfrontato e superficiale della fascia tricolore in un contesto chiaramente politico?

La fascia tricolore, ricordiamolo sempre, non è un banale ornamento, né tantomeno un accessorio di propaganda elettorale. È il simbolo sacro della democrazia, della responsabilità e della neutralità istituzionale. Vedere alcuni sindaci campani partecipare, fascia al petto, a un evento organizzato dalla Lega suscita turbamento e inquietudine. Come sottolineato con fermezza dal consigliere regionale Francesco Borrelli, si tratta di un'azione che sfiora l'illegalità, violando apertamente il regolamento che riserva l’uso della fascia esclusivamente a manifestazioni ufficiali.

I sindaci, custodi e non padroni della fascia

Un sindaco, per definizione, è il primo cittadino. Non rappresenta un partito, non indossa colori politici, perché il suo mandato è la rappresentanza totale, inclusiva e rispettosa dell'intera comunità. Platone ricordava, nelle sue riflessioni sulla Repubblica, che «La misura di un uomo è ciò che fa con il potere». Se il potere è interpretato con leggerezza, la misura di quell'uomo inevitabilmente si riduce, offuscando la grandezza del suo ruolo istituzionale.

E oggi ci troviamo di fronte esattamente a questa triste visione: un simbolo potente che, invece di essere trattato con sacralità istituzionale, viene esibito come uno strumento per farsi notare, per compiacere platee, per servire interessi politici personali o di parte. È questa la politica che vogliamo lasciare in eredità ai nostri figli?

La forza della memoria e il valore della rettitudine

Giovanni Falcone diceva che «gli uomini passano, ma le idee restano». Ecco, cari sindaci che avete indossato impropriamente la fascia, riflettete su quali idee state lasciando dietro di voi. Siete i custodi della storia della nostra democrazia, depositari momentanei della nostra libertà, e quella fascia tricolore che portate sul petto è intrisa del sacrificio e del coraggio di chi prima di voi ha saputo resistere e combattere per il bene comune.

«La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione», cantava Gaber. Partecipazione vera, autentica, non esibizionismo politico o vuota vanità. Un sindaco deve essere, oggi più che mai, testimonianza vivente di questa verità. L’imparzialità istituzionale è un dovere morale che non ammette deroghe, perché essa è garanzia di una democrazia sana, forte, vibrante.

Una sfida alla democrazia che non possiamo accettare

Quella fascia tricolore è il simbolo della Repubblica Italiana. Il verde, il bianco e il rosso, cuciti assieme, parlano al cuore degli italiani, ricordandoci sempre l’unità nella diversità, la dignità nel servizio pubblico e la rettitudine morale. L’uso disinvolto che alcuni ne fanno è una provocazione intollerabile, una sfida alla nostra democrazia e un'offesa alla memoria di chi, in nome di quegli stessi colori, ha dato persino la vita.

Pertini, ancora una volta, ammonisce: «La moralità è la spina dorsale della politica». Una politica senza moralità è destinata inevitabilmente a cadere sotto il peso della sua mediocrità. I sindaci campani, protagonisti loro malgrado di questo gesto infelice, sono chiamati oggi a riscoprire la dignità del loro incarico, perché non è accettabile che la più alta rappresentanza istituzionale locale venga trascinata in giochi politici di parte.

Perché, come scrisse Cicerone, «La salvezza del popolo sia la legge suprema»: è proprio questa legge suprema che i sindaci devono difendere ogni giorno, con serietà, rettitudine e profondo rispetto delle istituzioni che rappresentano. Ogni altro comportamento è, semplicemente, un'offesa alla democrazia e una ferita alla dignità repubblicana.