Autonomia del nord, no a trattative segrete e senza controllo

Gli industriali inviano un documento in sette punti alla presidenza del Consiglio

Da Napoli il richiamo ai rappresentati politici del mezzogiorno: è ora di farsi sentire, si rischia il disastro. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vogliono farsi “Stato” generando di fatto una secessione dei ricchi che finirà per danneggiare tutti

Da questa mattina sul sito dell'Unione degli Industriali di Napoli c'è un documento, una proposta in sette punti non “contro” l'autonomia differenziata delle regioni del nord, ma “per” un'autonomia possibile e ben realizzata che non penalizzi il meridione e non vada a scalfire il principio di equità e coesione sociale su cui si fonda la nostra Costituzione. Gli industriali napoletani, insieme all'Università, rompono il silenzio inspiegabile che avvolge l'iter per la richiesta di autonomia differenziata avviato dalle regioni del nord.

Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vogliono farsi “Stato” generando di fatto una secessione dei ricchi che finirà per danneggiare l'intero paese.

“Siamo preoccupati – ha dichiarato il presidente degli Industriali Vito Grassi a margine del convegno che si è tenuto ieri a Palazzo Partanna – Non solo per gli effetti che questo processo potrebbe causare sulla tenuta economica e sociale, ma soprattutto perché sta avvenendo tutto in gran segreto, non abbiamo nulla su cui confrontarci, e rischiamo di arrivare al 15 febbraio che i giochi sono fatti, senza aver avuto la possibilità di intervenire. Il nostro è un documento tecnico – precisa il numero uno degli Industriali napoletani – non è un documento politico. Ma può essere una base di partenza anche per chi è deputato a decidere. Per questo lo abbiamo inviato a Camera e Senato e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte”.

Al tavolo del dibattito anche Adriano Giannola, presidente dell'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno (Svimez), Gaetano Manfredi, rettore dell'università Federico II di Napoli, e il giurista Cesare Mirabelli, già presidente della Corte Costituzionale.

Il rischio reale è che le nuove competenze (la Lombardia ne ha chieste ben 23) che saranno attribuite alle regioni del Nord, tra cui ambiente, energia sanità e istruzione, amplieranno il divario già esistente. Siamo di fronte a un bivio, secondo gli industriali: o andare inelluttabilmente verso una secessione mascherata oppure cogliere adesso l'occasione per rivedere il funzionamento della Repubblica, superando le forti distorsioni del federalismo iniziate con la riforma del Titolo V della Costituzione).

Tra meno di dieci giorni il governo gialloverde potrebbe ratficare l'accordo con le regioni del nord. La riforma dovrà passare necessariamente per le camere e per essere approvata richiede un voto a maggioranza assoluta. Per questo  l'appello va ai nostri rappresentati politici in parlamento che fino ad oggi non hanno battuto un colpo sul tema delle autonomie. Una priorità per la Lega di Salvini, che ha voluto inserire il processo di secessione di Lombardia Veneto ed Emilia nel contratto di Governo. 

Nel frattempo anche il Consiglio regionale ha approvato con i voti favorevoli della maggioranza di centrosinistra e della opposizione di centrodestra, l’ordine del giorno sul “Regionalismo differenziato”. Il Movimento 5 Stelle si è astenuto. 

“In vista della data del 15 febbraio – ha detto il consigliere regionale del Pd, Francesco Picarone –  in cui il Governo formulerà la propria proposta per l’autonomia alle Regioni richiedenti, un testo di cui non si conosce il contenuto e che il Parlamento potrà solo approvare o respingere a scatola chiusa, è fondamentale esprimere una posizione chiara a tutela del Sud e dell’unità economica e sociale dell’Italia. Bene ha fatto il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, a chiedere di sedersi subito al tavolo dell’autonomia, per esaminare questo provvedimento, per rilanciare la sfida per l’autonomia anche per la Campania e porre immediatamente la questione del trattenimento dei residui fiscali sui territori che sarebbe un colpo mortale al Sud”.

Di seguito i sette punti del documento proposto dagli industriali, che verte sulle tre direttrici della responsabilità, efficienza ed equità.

1) Rapido avvio del processo di riconoscimento delle competenze - come richiesto da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – in base al principio del trasferimento finanziariamente neutrale delle risorse;

2) Contestuale definizione, per ciascuna delle competenze già assegnate o da trasferire agli enti locali, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

3) Previsione nella legge attuativa di un sistema di monitoraggio pubblico affinché il Governo, come previsto dall'articolo 120 della Costituzione, possa tempestivamente sostituirsi a organi delle Regioni e degli altri enti locali a tutela dei livelli essenziali delle

prestazioni;

4) Riconoscimento nella legge attuativa di un ruolo esplicito del Parlamento sia per il monitoraggio degli effetti sia per la potestà di effettuare, con procedura ordinaria, le modifiche che dovessero manifestarsi come necessarie.

5) Correzione delle norme incoerenti con il pieno finanziamento delle funzioni pubbliche assegnate agli enti locali, a partire dalla rimozione del dimezzamento del target perequativo (legge 232/2016, comma 449, lettera c);

6) Recupero della piena potestà statale in materia di perequazione per superare gli attuali sistemi di solidarietà conflittuale tra enti locali del medesimo livello, collegando l'erogazione di risorse alla puntuale verifica dell'efficienza della spesa.

7) Recupero della potestà statale di indirizzo per le materie nevralgiche (quali energia ed ambiente) per lo sviluppo economico nazionale.