di Luciano Trapanese
Le amministrative più snobbate della storia hanno sancito la debacle del Movimento5Stelle (fuori da tutti i ballottaggi), e il ritorno al vecchio duopolio: Pd contro centrodestra. Una svolta a U rispetto alle ultime vicende politiche, che può significare molto. O molto poco. Ma che impone ai partiti nuove analisi, nuove strategie, una nuovo modello di comunicazione. Tre cose al momento assai complicate.
Che i Cinque Stelle non fossero radicati sui territori come i partiti tradizionali si sapeva. Ma alcuni flop sono stati davvero clamorosi (Palermo, Parma, Genova...ma anche in Campania i risultati sono stati pessimi). Difficile non immaginare che le infelici amministrazioni di Roma, Livorno e in parte Torino non abbiano avuto un peso. Tra la protesta e il governo il passo è lungo. E forse è tramontata l'idea che basti essere inesperti per essere migliori.
Oltretutto l'ondata antisistema sembra aver perso la sua forza. In Francia, ma non solo. L'Ukip scomparso in Gran Bretagna (dove ora fanno i conti con la sciagura Brexit), l'estrema destra olandese confinata all'opposizione (come in Austria), la Merkel sicura di trionfare in autunno. Il tutto condito con le incertezze globali suscitate dal trumpismo americano.
Se tutto questo significa una inversione di rotta o se è solo una ulteriore fase di passaggio lo sapremo presto. Ma la poderosa spinta contro il cosiddetto establishment sembra essersi al momento placata.
Certo l'Italia in questo momento fa storia a parte. E comunque i sondaggi “nazionali” danno sempre il Movimento 5 Stelle molto prossimo al 30 per cento.
La questione aperta da noi riguarda tutto il resto.
Lo scontro ai ballottaggi (Pd contro centrodestra), rende sempre più improbabile l'accordo Renzi/Berlusconi in chiave anti Grillo. Una prospettiva che sembrava scontata fino all'accordo saltato per la legge elettorale.
Un disegno in frantumi, che impone un nuovo schema.
Renzi è sempre più oscillante: prima si lancia sulla spinta antieuropeista (ed elimina la bandiera dell'Ue), poi dopo il trionfo di Macron si riscopre “amante di Bruxelles”. Dal referendum in poi ha perso la capacità comunicativa che ne aveva caratterizzato l'ascesa. Così come appare offuscata la sua parabola di rinnovatore in chiave giovanilista (la fase del rottamatore).
Alla sua sinistra la confusione è grande. E all'orizzonte non si scorgono leader alla Sanders o Corbyn o anche Melenchon, capaci di proporre una rilettura socialista di questi tempi. Ci vuole provare De Magistris (il Podemos partenopeo), ma già ha annunciato che salterà queste politiche («resto sindaco di Napoli»).
Rispunta a destra la stella di Berlusconi. Tre anni di oblìo sono stati efficaci. Ma anche lì serve trovare un personaggio simbolo (che non può essere il vecchio capo). La Lega ha dimostrato che senza il Pdl non va da nessuna parte.
Le amministrative hanno dunque chiarito che lo schema Pd/Fi in chiave anti 5Stelle non può reggere.
E' tutto da rifare.
Con questo quadro le elezioni in autunno (che già erano difficili), sono del tutto da escludere. Saranno mesi importanti per ridisegnare nuove geometrie politiche. Ma il problema è di difficile soluzione. E al momento non si vedono interpreti adeguati a risolvere questa equazione a più incognite.