di Luciano Trapanese
Com'è nata, così è finita. Come in tutte le relazioni dove l'interesse conta più del sentimento. Un amore farlocco quello tra Vincenzo De Luca e Matteo Renzi. Scoccato durante la campagna elettorale per le regionali, quando l'attuale governatore è diventato un baluardo contro il ritorno di Antonio Bassolino, un personaggio troppo ingombrante per l'ex premier, vicino alla sinistra Pd e dato ormai per “rottamato” (al pari di D'Alema e Veltroni).
Dopo mille giorni di governo, e preso da una nuova ansia riformatrice, Renzi ha tagliato i ponti con l'ex sindaco di Salerno. L'imbarazzo era già evidente. Prima per le dichiarazioni di De Luca contro la Bindi seguite a stretto giro dal caso della “frittura di pesce”.
Nei giorni scorsi la visita in gran segreto di Renzi a Napoli ha sancito la rottura. Definitiva. Il segretario del Pd non ha neppure avvisato il governatore. Ma ha parlato chiaro: apriamo il partito a facce nuove. Quella di De Luca nuova non è.
La risposta non si è fatta attendere. Niente parole. Ma la nascita di un nuovo movimento, “Campania Libera”, sponsorizzato proprio da De Luca. Una scelta che ha suscitato fibrillazioni nel Pd. E creato disappunto anche nel rivale del presidente della Regione, il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, anche lui alle prese con un suo movimento.
Insomma, è tutto un movimento. Finiti gli amori, tutti si agitano. Alla ricerca di collocazioni. Anche in vista di una legge elettorale che suscita improvvise ambizioni. Il ritorno al proporzionale appare inevitabile. Anche per frenare l'ascesa dei 5Stelle e delle truppe verdi di Salvini.
Di movimento in movimento c'è anche quello lanciato da Mastella, che ha vissuto anni ruggenti proprio grazie al proporzionale.
Tutto accade anche per la disgregazione dei partiti tradizionali. Ognuno pensa di fare corsa a sé, con un partito ad personam. E con slogan che – sembra un paradosso – un po' vanno a braccetto con quelli dei grillini. Con un basta, urlato forte, alla “politica dei politicanti”, e un inno all'onestà, al ritorno tra la gente, ai giovani.
Un quadro un po' desolante. Sempre più autoreferenziale. Sempre con quell'idea dell'uomo solo al comando, che tutto vede e tutto risolve.
La Campania non ha bisogno di movimenti. Ma di idee, progetti e della capacità politica e amministrativa di realizzarli. Avrebbe bisogno di un patto di ferro tra il governatore e il sindaco di Napoli, per remare in una sola direzione e non disperdere energie in continue polemiche. Avrebbe bisogno di una classe dirigente che - dalle rispettive posizioni – contribuisse a riportare fuori dal baratro una regione in perenne e gravissima difficoltà.
E invece, non ci resta che osservare amori che finiscono e agitate ambizioni politiche. Un film già visto. E che non finisce bene.