di Luciano Trapanese
Tutti a parlare dell'emergenza immigrazione, ma si stende un velo di pietoso silenzio sul dramma emigrazione: il numero sempre maggiore di italiani che fuggono all'estero. I dati sono impietosi. E in parte sorprendenti: ci sono più connazionali che espatriano rispetto agli immigrati che arrivano. Sorprendente? Fino a un certo punto. Il trend viaggia in questa direzione da qualche anno. Leggete questo dato: i campani emigrati sono 463mila (il 7,9 per cento della popolazione). Gli immigrati nella nostra regione sono 217mila (il 3,7 per cento).
Se a tutto questo si aggiunge un calo delle nascite sempre più consistente – soprattutto nel Mezzogiorno (1,31 figli per ogni coppia) –, il quadro è completo. Entro il 2050 il Sud perderà più di quattro milioni di abitanti (dati Svimez). Quasi tutti giovani. Resterà una popolazione anziana. Inevitabilmente assistita.
Vanno via tutti, non solo i soliti “cervelli” (i laureati sono il 25 per cento). Moltissimi giovani (il 70 per cento). Tante coppie. E non hanno in programma nessun ritorno. Il viaggio é di sola andata.
Non sono alla ricerca solo di un lavoro. Ma di una nuova vita. Lontano da quello che ritengono un male incurabile del Mezzogiorno: il clientelismo. Non hanno neppure provato a protestare. Via e basta. Una rivoluzione con la valigia. Partono anche i piccoli imprenditori. Massacrati dalla burocrazia. E c'è chi sceglie di frequentare università all'estero: così nel frattempo può accelerare la ricerca di un lavoro. Un esodo. Soprattutto dei migliori. Di chi non accetta la logica del lavoro sottopagato o in nero. Di chi scommette su se stesso, ma non crede più in un riscatto meridionale.
La nuova emigrazione (che non è comunque solo del Sud), è la certificazione di un fallimento politico e sociale. Che rischiamo di pagare a caro prezzo. E per lungo tempo. Le energie migliori vanno via. Verso un altrove che è per sempre.
C'è anche altro. Tra le nazioni dell'Europa occidentale siamo gli unici a vivere una emigrazione di questo livello. E' molto superiore anche ai dati che arrivano dalla Polonia e dall'Ungheria.
Nel frattempo non si investe neppure sull'immigrazione. Non ci sono reali politiche di integrazione. Tutto è lasciato al caso. E si continua a blaterare di emergenza, chiamando in causa o incolpando l'Unione Europea. Eppure, proprio dall'immigrazione potrebbero arrivare quella forza e quell'energia necessarie per ridare slancio almeno nelle zone dove lo spopolamento sta avendo effetti devastanti: nella sola Campania rischiano di sparire decine di paesi nell'arco dei prossimi dieci, venti anni.
A tutto questo si somma poi una crisi economica che si avvita su se stessa, lasciando poco spazio all'ottimismo. E certo non può bastare l'entusiasmo (?) che manifesta ogni volta il governo per quel zero virgola qualcosa di aumento del Pil o del numero di occupati.
La fuga dei giovani è una silenziosa ma clamorosa forma di protesta. Continuare a ignorarla non è un errore, è un suicidio. Nel frattempo continuiamo a dividerci sulle sorti di un referendum, come se le riforme potessero davvero ribaltare una situazione così drammatica.