di Luciano Trapanese
Una volta era bene rifugio per eccellenza. L'investimento che assicurava rendite e stabilità. Ora la casa rappresenta sempre più spesso un problema piuttosto che una ricchezza. E il mercato immobiliare quasi non esiste più. Frantumato dalla crisi economica, da imposizioni fiscali sempre più pesanti (soprattutto per le seconde case), dalle crescenti spese per rimettere a posto edifici che con gli anni sono diventati inevitabilmente vecchi.
La lieve ripresa delle compravendite fa il paio con il valore delle abitazioni che continua a calare (meno 0,9 per cento). E' sparita del tutto la categoria del nuovo investitore. Cioè di colui che acquista un immobile senza averne necessità ma solo per ricavarne un beneficio economico. Chi ha soldi punta su altro. Del resto, perché acquistare un immobile che perde costantemente valore ed è stracarico di imposte annuali?
Compra casa chi ne vende un'altra. Per ragioni familiari o di lavoro.
Ma non solo. Per Bankitalia nel crollo del marcato immobiliare influiscono anche altri fattori, come i problemi per giovani e stranieri di accedere al credito. Un muro insormontabile proprio per quelle fasce di popolazione che hanno sostenuto la domanda nell'ultimo decennio. A ridurre ulteriormente la richiesta è anche la contrazione demografica. Più case che abitanti. Più offerta che richiesta. E in un contesto di perdurante crisi economica. Ovvero: la tempesta perfetta.
Per gli analisti anche una ripresa del settore non potrà mai riportare il mercato ai tempi pre crisi. Una pessima notizia.
L'esempio è proprio la Campania. Nell'ultimo anno sono aumentate le transazioni immobiliari. Ma non le quotazioni delle case, che al contrario hanno avuto un ulteriore decremento.
La crescita delle compravendite riguarda in particolare Napoli (più 9,4 per cento) e Salerno (più 24,5 per cento). Le due città e le zone turistiche di maggior pregio (Costiera Amalfitana in particolare: più 28 per cento). Quasi immobile la situazione ad Avellino e Caserta. Un meno secco invece per Benevento.
Il costante calo del valore degli immobili è un macigno sulla ripresa del mercato. La conseguenza è una crescita delle abitazioni in fitto, che – anche in questo caso – non fa il paio con l'aumento dei canoni di locazione che sono invece rimasti stabili rispetto all'anno precedente.
Lo stop di un settore fondante per l'economia del Paese – e il conseguente perdurante crollo dell'edilizia -, sono fattori determinanti anche per la mancata ripresa economica. Ma fino a quando gli immobili verranno considerati dallo Stato come limoni dai quali spremere denaro (con tasse sempre più esose), ci sarà ben poco da fare. E di fronte a questa già disastrosa situazione, sentir ancora parlare di “patrimoniale”, è davvero ai limiti del masochismo.