Dal prossimo anno chi è nato dal 1951 al 1955 potrà accedere al pensionamento anticipato fino a tre anni rispetto all’età di 66 anni e 7 mesi richiesta per la pensione di vecchiaia. Ma per farlo dovrà appunto chiedere un anticipo sotto forma di prestito, che poi restituirà sulla pensione normale in 20 anni, con rate che peseranno in maniera variabile sull’importo dell’assegno, fino a un massimo di circa il 15% per il redditi maggiori. Questa, a grandi linee, la proposta sulla cosiddetta «flessibilità in uscita» che martedì pomeriggio il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, hanno illustrato ai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo.
Sarà l'Inps a gestire i rapporti con i pensionandi che non avranno a che fare con gli istituti di credito. Per i futuri trattamenti non ci saranno penalizzazioni, tipo decurtazioni fisse dell'importo. L'assegno risulterà ridotto per restituire - nei due decenni - la somma percepita nel periodo di anticipo. Lo Stato attenuerà le riduzioni con sgravi fiscali che premieranno i redditi più bassi e i lavoratori di imprese in crisi.
Redazione