Anche le prostitute non avranno più un lavoro

L'automazione cambierà tutto. Spariranno milioni di posti di lavoro. Ne nasceranno altri.

Ma serve un cambio radicale. E' una nuova “rivoluzione industriale”, ma ancora più complessa.

di Luciano Trapanese

Ha un senso la festa del lavoro, quando il lavoro – così come era inteso dalla rivoluzione industriale in poi – si sta modificando radicalmente? Siamo in una fase di passaggio, inevitabilmente traumatica. Tutto cambia, e dal 2030 quasi nulla sarà come prima. Tanti lavori tradizionali spariranno con la robotizzazione. Altri, nuovi, nasceranno. Dovremmo già puntare su questi ultimi, soprattutto per i nostri figli, piuttosto che continuare a immaginare un mondo simile a quello che abbiamo vissuto. Anche perché numerose ricerche internazionali sostengono tutte lo stesso dato: entro il 2045 le macchine sostituiranno l'uomo nella maggior parte della attività lavorative. Tanti i settori colpiti in modo drastico e che vedranno una riduzione esponenziale del numero di lavoratori: il commercio (in particolare supermercati e centri commerciali), il manufatturiero, le costruzioni, la cosiddetta industria 4.0, la ristorazione, le banche, le compagnie assicurative, le società di consulenza finanziaria, i call center. E tanti altri ancora. Estremizzando anche la prostituzione: sono già in commercio robot (e non bambole gonfiabili), in grado di sostituire degnamente un partner. Corpi da top model e intelligenza artificiale.

Una evoluzione che avrà come conseguenza la fine dei lavori manuali o poco qualificati.

Questa transizione è evidente. Ma le risposte della politica proprio tardano ad arrivare. L'automazione viene demonizzata o ignorata. In entrambi i casi sbagliando. Il primo atteggiamento si era riscontrato anche nel corso della rivoluzione industriale. Il secondo evidenzia la mancanza di conoscenza e visione, e la paura di affrontare temi complessi – e forse impopolari – ma che avranno un peso enorme da qui a qualche anno: insomma, la tattica dello struzzo.

Molti esponenti politici propongono al momento la classica “pezza”. O meglio, la soluzione tampone per proteggere quanti saranno estromessi dal mondo del lavoro e avranno difficoltà a trovarne un altro. Che non è sbagliato. Le proposte sono due: il salario minimo garantito o il reddito (anche quello minimo e garantito). Certo, va anche bene. Ma se non ci attrezziamo per affrontare le nuove sfide non si andrà mai oltre le soluzioni tampone.

Serve nuova conoscenza, una innovazione che inizi dalla scuola, una sinergia stretta tra attività produttive e mondo della politica, una nuova visione globale dei diritti del lavoro, una rete che connetta i nuovi saperi alle rinnovate esigenze, e una formazione continua. Per tutti e non solo per chi cerca il primo impiego.

Pensare di difendere l'indifendibile chiudendosi a riccio in una autarchia nazionalistica, serve a poco. Così come affrontare la globalizzazione senza averne gli strumenti e quindi semplicemente subendola.

Ma bisogna fare in fretta. I tempi di questi cambiamenti sono rapidissimi. Non si parla di futuro, ma di domani. Dietro l'angolo c'è già un mondo diverso. E si sa, i tempi della politica (che sarà chiamata a governare questa fase), sono incalcolabili (per eccessiva lentezza).

Oggi è la festa dei lavoratori. Indica una data simbolo: il massacro di Chicago, quando vennero uccisi undici operai che chiedevano di ridurre da sedici a otto l'orario di lavoro. Era l'alba dell'era industriale. Ne stiamo vivendo un altro inizio, ancora più complesso. Abbiamo gli strumenti per affrontarlo. Basta non fare gli struzzi o rimpiangere un passato (quello del nazionalismo), che non potrà più tornare.