Un discorso di Natale sui generis, quello che Cmaillo Prampolini riportò in un opuscolo nel 1897. Un discorso nel quale si parte dalla religione per giungere a mostrare i punti di contatto e di sovrapposizione tra le idee e le parole di Cristo e le idee e le leggi del socialismo.
Camillo Prampolini fu un socialista italiano, un rivoluzionario che tra la fine dell’800 e l’inizio del novecento girava le campagne paese per paese, come un apostolo, nel tentativo di fare proseliti per il sogno rivoluzionario. Si ritirò a vita privata con l’avvento del fascismo e la sua figura anche se dimenticata e oscurata, oggi ha ancora un valore fondamentale.
In un suo scritto infatti Prampolini riporta un discorso di Natale fatto da un attivista socialista proprio all’uscita dalla chiesa ai fedeli. In questo opuscolo e nel discorso riportato vi si ritrova un linguaggio semplice e soprattutto un tentativo di cavalcare i sentimenti cattolici. Nel discorso riportato si arriva alla deduzione che Gesù Cristo è socialista perché chiede uguaglianza e diritti. Prampolini esorta i socialisti a fare la rivoluzione per realizzare il mondo di Dio. “È venuto il tempo in cui il sogno di Cristo può essere finalmente realizzato. Basta che i lavoratori lo vogliano” sono i lavoratori che per creare il sogno cattolico devono fare l a rivoluzione “Sorgerà il mondo buono e lieto agognato da Cristo, il "regno di Dio". Lavorate a farlo sorgere, o lavoratori!”
Un ragionamento semplicistico eppure profondo quello dell’oratore che oggi assume un valore particolare soprattutto in un momento nel quale il Papa sembra essersi trasformato nell’ultima icona vivente della sinistra mondiale
Prampolini scrive che:
“…quando i contadini e i "cameranti" uscirono dalla Chiesa, videro sulla strada un uomo che, salito su un tavolo e circondato da alcuni del villaggio, cominciò a parlare. Si avvicinarono. Era il giorno di Natale e quell'uomo diceva:
“Lavoratori! Ancora una volta voi avete festeggiato nelle vostre case e nella vostra chiesa la nascita di Gesù Cristo. Ma interrogate la vostra coscienza: siete ben sicuri di meritare il nome di cristiani? Siete ben sicuri di seguire i principi santi predicati da Cristo e pei quali egli morì?
Badate! Voi vi dite cristiani, perché recitate le preghiere che vi insegnarono i vostri parenti; perché andate alla messa e alla benedizione; perché infine vi confessate, vi comunicate e osservate tutte le altre pratiche del culto cattolico.
Ma credete voi che questo basti per chiamarsi cristiani?
Voi non potete crederlo, o amici lavoratori. Non potete crederlo, perché diversamente - se si dovesse ammettere che il cristianesimo consista nelle sole pratiche del culto cattolico - si dovrebbe arrivare alla strana, assurda, ridicola conclusione che i primi e i più devoti seguaci di Cristo e lo stesso Cristo in persona …non furono cristiani!
Voi sapete, infatti, che mille e tanti anni fa quando Cristo cominciò a predicare la sua fede, non c'erano né curati, né parroci, né vescovi, né cardinali, né papi e neppure chiese nel senso che voi date a questa parola. Gesù - il figlio del povero falegname di Nazaret - andava per le vie e per le piazze a spiegare le sue dottrine.
Voi sapete che egli era quasi solo contro tutti; che lo seguivano soltanto degli umili popolani; dei pescatori, degli artigiani, delle povere donne e dei ragazzi; che i ricchi e i sacerdoti del suo paese, i farisei e gli scribi lo derisero dapprima come un matto: e poi, quando videro che le sue idee si facevano strada, lo fecero arrestare come un perturbatore dell'ordine, come nemico della società e della religione; e - totalmente iniqui, credendo di seppellire con lui il suo pensiero - lo trassero a morte, condannandolo al crudele e infamante supplizio della croce.
Voi sapete che per trecento anni i suoi seguaci continuarono ad essere vittime delle più feroci persecuzioni; considerati quali malfattori; odiati nei primi tempi anche dal popolo - che in generale era ancora troppo ignorante, superstizioso ed incivile per comprendere il loro ideale - lapidati, dati in pasto alle fiere, uccisi a migliaia, essi dovevano nascondere la loro fede quasi fosse un delitto: e per trovarsi insieme qualche ora come fratelli, lontani dai nemici, a parlare delle loro dolci speranze, dovevano cercar rifugio sottoterra, nel silenzio solenne delle catacombe.
Voi sapete che finalmente, dopo tre secoli di lotta, al tempo dell' imperatore Costantino - quando il loro numero fu cresciuto al punto che oramai quasi tutto il popolo era con loro, e i potenti si accorsero che le persecuzioni erano inutili - le persecuzioni cessarono. E allora anche i ricchi, anche i re e gli imperatori e tutti vollero dirsi cristiani. E Cristo fu adorato come Dio. E sorsero allora le prime "chiese", apparvero allora i primi "preti", i quali andarono via via moltiplicandosi e introdussero fra i cristiani l'uso della messa, della benedizione, della confessione e di tutte le altre cerimonie cattoliche, come sono adesso.
Ma Gesù e i suoi primi e grandi discepoli non praticarono nessuno di questi usi. Anzi - sta scritto nel Vangelo - Gesù chiamava ipocriti quei tali che al suo tempo "amavano di fare orazione stando ritti in piè - come egli diceva - nelle sinagoghe e nei canti delle piazze, per essere veduti dagli uomini". E diceva apertamente che la sola cerimonia religiosa, la sola preghiera che doveva farsi era il "pater noster" , che ognuno doveva recitare quetamente nella propria stanza.
Ora: vorrete voi dire, amici miei, che Gesù Cristo non era cristiano? vorrete voi dire che non erano cristiani quei generosi popolani, padri vostri, che con lui, sfidando le persecuzioni e il martirio, furono i veri fondatori del cristianesimo?
Voi non direte certamente simile assurdità.
Ma allora, perché furono cristiani quegli uomini, che pur non andavano a messa e non conobbero preti né chiese? In che consiste dunque veramente la dottrina di Cristo? Quali erano i principi che esso predicava e che suscitarono tanto rumore e tanta guerra intorno a lui e ai suoi seguaci?
Eccoli qui, o lavoratori, i principi essenziali del cristianesimo, i principi che bisogna seguire se si vuole davvero essere cristiani.
Gesù era profondamente convinto che gli uomini fossero tutti figli di uno stesso padre celeste: Dio, e Dio egli lo concepiva come un essere infinitamente giusto e buono.
Ora, come mai - egli si domandava - esistono nel mondo tante ingiustizie? Come mai gli uomini sono divisi in ricchi e poveri, in padroni e schiavi? Come mai vi sono gli Epuloni viventi nel lusso e i Lazzari tormentati dalla più crudele miseria? È mai possibile che Dio - il padre infinitamente giusto e buono - voglia queste inique disuguaglianze tra i figli suoi?
- No - egli pensava - evidentemente queste disuguaglianze derivano solo dall'ignoranza e dalla malvagità degli uomini. Dio non può volerle. Certamente Dio le condanna. Certamente Dio vuole che gli uomini vivano come fratelli - distribuendosi in pace e giustizia la ricchezza comune - e non già vivano come lupi l' uno contro l'altro, godendo gli uni della miseria degli altri.
- Ebbene - diceva Gesù ai suoi compagni - noi dobbiamo dunque far guerra a questo doloroso e brutto regno dell'ingiustizia in cui siamo nati: noi dobbiamo volere, fortemente volere il "regno di Dio" - cioè il regno della giustizia, dell'uguaglianza, della fratellanza umana: noi dobbiamo persuadere i nostri fratelli che esso è possibile e non è un sogno. Dobbiamo trasfondere in loro la nostra fede, e il "regno di Dio" si avvererà.
Questo, o lavoratori, questo era il pensiero e questa fu la predicazione di Cristo. Un odio profondo per tutte le ingiustizie, per tutte le iniquità; un desiderio ardente di uguaglianza, di fratellanza, di pace e di benessere tra gli uomini; un bisogno irresistibile di lottare, di combattere per realizzare questo desiderio - ecco l'anima, l'essenza, la parte vera, santa ed immortale del cristianesimo…
Ed ora ditemi: siete voi cristiani? Lo sentite voi questo benefico odio del male? Lo sentite voi questo benefico desiderio del bene? Voi che cosa fate per combattere il male? Che cosa fate per realizzare il bene?
Perché - badate, anici miei - voi potete andare in chiesa ogni giorno; voi potete ogni giorno confessarvi e comunicarvi; voi potete recitare quanto preghiere volete; ma se assistete indifferenti alle miserie e alle ingiustizie che vi circondano, se nulla fate perché esse debbano scomparire - voi non avete nulla di comune con Cristo e i suoi seguaci, voi non avete capito nulla delle loro dottrine, voi non avete il diritto di chiamarvi cristiani…
Ebbene, in questo giorno di Natale, mentre voi festeggiate la nascita del Nazareno, io, che appartengo al partito socialista, sono qui a dirvi; siate cristiani, o lavoratori, ma siatelo nel vero e alto senso della parola!
Il "regno di Dio" voluto da Gesù non fu ancora attuato. Passati i pericoli dei primi anni del cristianesimo, molti vollero dirsi cristiani, ma quasi nessuno si ricordò dei principi veri di Cristo.
Ed ora - voi lo vedete - le disuguaglianze e le miserie che egli ha combattute sono più vive che mai. Mentre pochi godono nel lusso tutti i comodi e i piacerei della vita e mentre - se la società fosse meglio ordinata - ci sarebbe il modo di star meglio tutti quanti, vi sono invece milioni di uomini che mancano di pane, d'istruzione, d'educazione, che sono sfiniti dalle eccessive fatiche o mancano di lavoro, che lottano quotidianamente col bisogno e con la fame… E fra questi milioni di uomini più o meno miserabili e che non hanno ciò che loro spetta, ci siete anche voi, o lavoratori dei campi.
E appunto per ciò io dico a voi uomini e donne: siate cristiani - cioè combattete questa grande ingiustizia che colpisce voi e i vostri fratelli di lavoro e che dissemina sulla terra la tristezza e il dolore!
Questa ingiustizia può essere tolta. Voi dovete intenderlo, voi dovete crederlo. È venuto il tempo in cui il sogno di Cristo può essere finalmente realizzato. Basta che i lavoratori lo vogliano.
Se i lavoratori dei campi e delle città si daranno la mano; se essi avranno fede nella giustizia; se essi comprenderanno che gli uomini sono uguali e che per conseguenza nessuno ha il diritto di dirsi padrone di un altro e di vivere a spese altrui, ma tutti hanno l'obbligo di prendere parte al lavoro comune, necessario alla vita; se per vivere umanamente - cioè per diventare liberi, per non avere padroni e godere l' intero frutto delle proprie fatiche - i lavoratori, invece di vivere isolati e di farsi concorrenza, metteranno in pratica il precetto di Cristo: amatevi gli uni cogli altri siccome fratelli e formeranno dovunque le loro associazioni; allora, davanti alla crescente unione dei lavoratori, le ingiustizie sociali scompariranno come si dileguano le tenebre dinnanzi al sole che nasce. E sorgerà così il mondo buono e lieto agognato da Cristo, il "regno di Dio".
Lavorate a farlo sorgere, o lavoratori!
Se non per voi, fatelo per i vostri figli; i quali - poiché li generaste - hanno bene il diritto che voi vi adoperiate in ogni modo a migliorare la condizione della vostra classe, affinché non siano pure essi costretti a vivere la vita misera e serva che da secoli voi vivete.
Unitevi, associatevi! Per voi, per le vostre donne, pei vostri bambini; per la difesa dei vostri più vitali interessi; per la conquista dei vostri più indiscutibili diritti; per la redenzione doverosa della vostra classe!
Per voi e per tutti, o lavoratori, abbiate fede nel bene, sappiate volerlo - sorgete, lottate, perché la giustizia sia!
Solo in questo modo voi potrete dirvi veramente seguaci di Cristo e raggiungerete la meta che egli intravide e per la quale egli e mille e mille martiri generosamente si sacrificarono.
Lo disse Gesù istesso nel famoso "discorso sul monte"
- Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perciochè saranno saziati!
- Beati coloro che sono vituperati e perseguitati per cagion di giustizia!
Prendete a guida della vostra vita queste parole, o amici lavoratori, e sarete…socialisti.
Sì, voi sarete con noi, voi lotterete tutti al nostro fianco, perché noi socialisti siamo oggi i soli e veri continuatori della grande rivoluzione sociale iniziata da Cristo.
Siamo noi gli "assetati di giustizia". Siamo noi che, in nome dell'uguaglianza umana, leviamo alta un'altra volta la bandiera dei poveri, dei diseredati, dei piccoli, degli umili, degli oppressi, degli avviliti, dei calpestati. Siamo noi che - innalzando un inno al lavoro produttore di ogni ricchezza - annunziamo ai ricchi padroni del mondo il trionfo immancabile e il regno dei lavoratori; noi che ci sforziamo ad affrettare questo regno; noi i derisi, i "vituperati e perseguitati per cagion di giustizia".