Il 25 novembre del 1980 Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini rientra al Quirinale dopo essersi recato nei luoghi distrutti dal sisma che ha sconvolto l’Irpina 48 ore prima. Pertini ha la pelle dura, ne ha viste di tragedie, ne ha contati di morti nella sua vita. Ha visto le guerre, le ha combattute, ha vissuto il carcere e le violenze fasciste, non è uomo che si lascia impressionare, è abituato all’orrore. Ma quel contatto con quella folla di sopravvissuti, in quella polvere che si mischiava al lutto, lo feriscono, perché si rende conto dell’assenza dello Stato, dell'incapacità delle istituzioni, del fallimento dell’Italia.
Il Presidente partigiano sa che deve fare qualcosa, che non può tacere, sa che in quel momento ha il dovere di riconsegnare dignità allo Stato soprattutto per ridare speranze a quei tanti disperati che aveva incontrato e che gli avevano chiesto aiuto.
Il 26 novembre Il Presidente della Repubblica fa un discorso a reti unificate. Pochi minuti che entrano nella storia del nostro Paese. Non si erano mai sentite in tv parole così dure, così nette e così vere. Non si era mai visto un volto dello stato che finalmente condannava l’inerzia e la corruzione di un sistema.
Pertini chiederà alle istituzioni di fare ciò che devono di non ripetere la vicenda del Belice e pone domande che hanno un peso enorme mettendo a nudo per sempre un sistema che stava marcendo. °Dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui è in carcere, come dovrebbe essere in carcere?”
Ci piacerebbe pensare che dopo queste parole le cose avessero preso un’altra piega, ma non è andata così. I terremotati dell’Irpinia vivranno la stessa tragedia di quelli del Belice, i fondi stanziati e assegnati ancora oggi, si perderanno in rivoli di corruttela e inefficienza, la ricostruzione sarà lentissima e creerà più danni che prospettive. La storia si ripresentò uguale, con glie stessi orrendi speculatori.
Eppure quel discorso, quel “drammatico j’accuse” è ancora oggi utili per mostrare il volto onesto, pulito, forte e dignitoso degli italiani.
"Italiane e italiani, sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica. Ho assistito a degli spettacoli che mai dimenticherò. Interi paesi rasi al suolo, la disperazione poi dei sopravvissuti vivrà nel mio animo. Sono arrivato in quei paesi subito dopo la notizia che mi è giunta a Roma della catastrofe, sono partito ieri sera.
Ebbene, a distanza di 48 ore non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari. È vero, io sono stato avvicinato dagli abitanti delle zone terremotate che mi hanno manifestato la loro disperazione e il loro dolore, ma anche la loro rabbia. Non è vero, come ha scritto qualcuno che si sono scagliati contro di me, anzi, io sono stato circondato da affetto e comprensione umana. Ma questo non conta. Quello che ho potuto constatare è che non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi. E i superstiti presi di rabbia mi dicevano: "Ma noi non abbiamo gli attrezzi necessari per poter salvare questi nostri congiunti, liberarli dalle macerie".
Io ricordo anche questa scena: una bambina mi si è avvicinata disperata, mi si è gettata al collo e mi ha detto piangendo che aveva perduto sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Una donna disperata e piangente che mi ha detto "ho perduto mio marito e i miei figli". E i superstiti che lì vagavano fra queste rovine, impotenti a recare aiuto a coloro che sotto le rovine ancora vi erano. Ebbene, io allora, in quel momento, mi sono chiesto come mi chiedo adesso, questo. Nel 1970 in Parlamento furono votate leggi riguardanti le calamità naturali. Vengo a sapere adesso che non sono stati attuati i regolamenti di esecuzione di queste leggi. E mi chiedo: se questi centri di soccorso immediati sono stati istituiti, perché non hanno funzionato? Perché a distanza di 48 ore non si è fatta sentire la loro presenza in queste zone devastate?
Non bastano adesso. Vi è anche questo episodio che devo ricordare, che mette in evidenza la mancanza di aiuti immediati. Cittadini superstiti di un paese dell'Irpinia mi hanno avvicinato e mi hanno detto: "Vede, i soldati ed i carabinieri che si stanno prodigando in un modo ammirevole e commovente per aiutarci, oggi ci hanno dato la loro razione di viveri perché noi non abbiamo di che mangiare". Non erano arrivate a quelle popolazioni razioni di viveri. Quindi questi centri di soccorso immediato, se sono stati fatti, ripeto, non hanno funzionato. Vi sono state delle mancanze gravi, non vi è dubbio, e quindi chi ha mancato deve essere colpito, come è stato colpito il prefetto di Avellino, che è stato rimosso giustamente dalla sua carica.
Adesso non si può pensare soltanto ad inviare tende in quelle zone. Sta piovendo, si avvicina l'inverno, e con l'inverno il freddo. E quindi è assurdo pensare di ricoverarli, pensare di far passare l'inverno ai superstiti sotto queste tende. Bisogna pensare a ricoverarli in alloggi questi superstiti. E poi bisogna pensare a una casa per loro. Su questo punto io voglio soffermarmi, sia pure brevemente. Non deve ripetersi quello che è avvenuto nel Belice. Io ricordo che sono andato in visita in Sicilia. Ed a Palermo venne il parroco di Santa Ninfa con i suoi concittadini a lamentare questo: che a distanza di 13 anni nel Belice non sono state ancora costruite le case promesse. I terremotati vivono ancora in baracche: eppure allora fu stanziato il denaro necessario. Le somme necessarie furono stanziate. Mi chiedo: dove è andato a finire questo denaro? Chi è che ha speculato su questa disgrazia del Belice? E se vi è qualcuno che ha speculato, io chiedo: costui è in carcere, come dovrebbe essere in carcere? Perché l'infamia maggiore, per me, è quella di speculare sulle disgrazie altrui.
Quindi, non si ripeta, per carità, quanto è avvenuto nel Belice, perché sarebbe un affronto non solo alle vittime di questo disastro sismico, ma sarebbe un'offesa che toccherebbe la coscienza di tutti gli italiani, della nazione intera e della mia prima di tutto. Quindi si provveda seriamente, si veda di dare a costoro al più presto, a tutte le famiglie, una casa. Io ho assistito anche a questo spettacolo. Degli emigranti che erano arrivati dalla Germania e dalla Svizzera e con i loro risparmi si erano costruiti una casa, li ho visti piangere dinanzi alle rovine di queste loro case. Ed allora: non vi è bisogno di nuove leggi, la legge esiste. Ecco perché io ho rinunciato ad inviare, come era mio proposito in un primo momento, un messaggio al parlamento.
Si applichi questa legge e si dia vita a questi regolamenti di esecuzione, e si cerchi subito di portare soccorsi ai superstiti e di ricoverarli non in tende ma in alloggi dove possano passare l'inverno e attendere che sia risolta la loro situazione. Perché un appello voglio rivolgere a voi, italiane e italiani, senza retorica, un appello che sorge dal mio cuore, di un uomo che ha assistito a tante tragedie, a degli spettacoli, che mai dimenticherà, di dolore e di disperazione in quei paesi. A tutte le italiane e gli italiani: qui non c'entra la politica, qui c'entra la solidarietà umana, tutte le italiane e gli italiani devono mobilitarsi per andare in aiuto a questi fratelli colpiti da questa nuova sciagura.
Perché, credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi".