Insulta Tiziana, fucilato sul web. La doppia gogna

Metti alla gogna, ti metto alla gogna. Il caso del musicista salernitano e la violenza dei social.

Hanno fatto bene a massacrarlo per le offese alla ragazza morta, o gli insulti contro di lui non sono dissimili da quelli che hanno spinto al suicidio al 31enne?

di elleti

Chi di gogna colpisce di gogna perisce. Non accade sempre, stavolta sì. E la gogna è quella del web: che è implacabile come un plotone d'esecuzione. Si finisce nel mirino e si rischia tutto: la vita a volte, o il lavoro.

E' accaduto ad un musicista salernitano, componente dell'Orchestra Sinfonica Salernitana. Ha commentato – in modo davvero indegno – la morte di Tiziana, la ragazza suicida dopo la pubblicazione e i conseguenti insulti di un suo video hard.

Una blogger ha ripreso il suo post, lo ha rilanciato. Risultato: centinaia di insulti fino alla decisione dei responsabili dell'Orchestra di metterlo alla porta.

Una vicenda che si presta a due letture e a molte considerazioni.

La prima. Colpirne uno per colpirne cento. Ieri il web era pieno di post sconcertanti su Tiziana (tipo “se l'è cercata”, “è colpa sua”, e via scrivendo...). Quello del musicista era tra i peggiori, anche in rima baciata. Tutta gente che usa la tastiera come una clava, fregandosene dei sentimenti altrui (i familiari della ragazza), della tragedia che commentano, delle conseguenze del loro blaterare senza freni. E senza neppure il pudore di esibire tanta incomprensibile acredine nei confronti di una donna spinta ad uccidersi dalla marea di insulti che le sono arrivati proprio dal web.

E quindi, mettere alla gogna uno dei tanti che ha continuato a insultare una ragazza morta, serve anche come lezione per i tanti che continuano a immaginare i social come il luogo ideale dove dare libero sfogo a qualsiasi idiozia, anche la più atroce.

La seconda. Mettere alla gogna uno che ha scritto nefandezze sulla ragazza, è una scelta non molto dissimile da quella dei tanti che hanno insultato Tiziana spingendola al suicidio. O meglio: una sorta di occhio per occhio, dente per dente. Che non migliora la rete, ma ne accentua il suo carattere “giustizialista”. Accusa, processo, condanna ed esecuzione in un solo post. Il musicista ha sbagliato (come tanti altri), ha cancellato quello che aveva scritto, ha provato (senza riuscirci), a chiedere scusa. Ma non è servito. L'ondata di insulti era ormai partita. La gogna non si è fermata. Il popolo del web ha deciso che doveva pagarla. E così è stato. Molti avevano anche sollecitato un suo licenziamento. Che è arrivato. Implacabile. Il già citato plotone d'esecuzione.

Sia chiaro. Il musicista è indifendibile. Non puoi scrivere impunemente delle offese a una ragazza morta.

Ma la doppia gogna impone davvero una riflessione sull'abuso dei social. Non possono essere utilizzati come un bastone per offendere, ferire, insultare, denigrare, esprimere giudizi gratuiti, diffamare. E continuare a farlo ritenendo che questo sia normale. Nel nome di una presunta libertà d'espressione.

Non siamo sul piano delle idee contrapposte. Che possono anche innescare – e in molti post accade – dispute accese, a volte anche troppo. Qui siamo altrove, nella gogna mediatica pura e semplice. Certe frasi, stampate su un giornale cartaceo, sarebbero state immediatamente censurate. O, in caso contrario, sarebbero finite sulla scrivania di un magistrato. La rete ritiene di essere immune a questo controllo. Eppure ha più lettori di un giornale tradizionale.

Ora, una ragazza è morta per le offese sul web. Un tipo ha perso il lavoro dopo aver rimediato una carovana di insulti pubblici. E domani accadrà ancora e ancora. Nel nome di una supposta libertà del web, quella di offendere, insultare, mettere in croce. E può capitare a chiunque. Anche a chi non si sarebbe mai permesso di scrivere quelle nefandezze su una ragazza morta.