Riassunto delle puntate precedenti. Leo insieme a Mario e il Pisano su ordine di Ciro, il capoclan, uccide per errore il figlio del boss Aniello Riccio. Il rifugio da Anna, un'infermiera. La sparatoria e la fuga nella casa al mare. L'arrivo dei carabinieri e la corsa verso il porto. L'incontro con Tonino, poi la decisione: andare da Barbara, una prostituta. L'omicidio del pappone e il ritorno. Il rifugio da Letizia, un femminiello molto particolare.
Nona puntata (prima puntata – seconda – terza – quarta – quinta – sesta – settima - ottava)
di elleti
Maria Ollivùd ci sa fare. I capelli li tengo già a zero, ma lei mi ha pelato a mestiere. Ho una capa lucida che riflette come uno specchio. Si è messa a lavorare con il naso. C'ha azzeccato una gobba («non si stacca, non ti preoccupare»), allargato un poco le narici. Mi ha ficcato una cosa in bocca, «così ti cambia la mascella». Poi, un cazzo di neo alla De Niro e un paio di lentine castane a coprire gli occhi chiari. E un tatuaggio finto da carcerato anni '60, una scritta tutta storta: «Mamma perdonami», che parte dal polso e finisce vicino al gomito.
- Ti serve pure la panza.
Ha deciso Letizia. Ollivùd ha detto, non c'è problema. Ha tirato fuori una piccola imbracatura. Mi ha fatto togliere la maglia. Ho indossato la panza. Da vestito mi sento quasi un chiattone. Mi sono specchiato e non mi sono riconosciuto.
- Vabbè che mi devo travestire, ma perché devo diventare una chiavica d'uomo?
- Perché così sei una chiavica in mezzo alle chiaviche e nessuno ti pensa.
Poteva pure essere. Avrei preferito una mezza chiavica. Ma non ho detto niente. Mi sono messo nelle mani di Letizia e mi devo stare. Sei lei dice che devo essere una chiavica, una chiavica devo essere. Ollivùd ha tirato fuori la macchina fotografica. Mi hanno fatto mettere vicino alla parete bianca, manco mi dovessero fare la segnaletica. «Non ti muovere». Quattro scatti, per i documenti. «Mo sei Giuseppe Loschiavo». Ha cacciato i vestiti nuovi e le scarpe col rialzo, «che ti cambiano la statura». Servizio completo.
Ho aspettato tre ore, poi Maria è tornata con i documenti. E' andata da uno sicuro. Uno fuori giro, fa le carte ad arabi e africani. Passa una cosa di soldi a don Aniello, ma nessuno gli scassa il cazzo. Gli hanno solo detto: la roba italiana la facciamo noi. Ma a Letizia non sa dire no. E se uno fa lo sgarro al boss per non dare un dispiacere a un femminiello, o è un fesso o il femminiello è più tosto del boss.
Sta facendo scuro. Letizia mi dice che ora viene un suo amico, mi porta a fare un giro. Pure per capire se Ollivùd ha fatto il lavoro ad arte. E se non l'ha fatto? Mi riconoscono e mi sparano in bocca. Scendo senza ferro però, meglio non rischiare: troppe guardie in circolazione. Andiamo nel bar di Totonno. Uno che conosco. Un amico di Ciro. C'ho parlato due volte. Sicuro tiene l'ordine che se mi vede deve chiamare la fanteria.
Puzza di fumo, troppa gente nel locale. L'amico di Letizia è uno a posto. Parla poco, e per quel poco che parla ha avuto il tempo di dire, dopo che si è fatto un giro con gli occhi sulla mia faccia nuova: «Avit' fatt' a mostr'». Barbara s'è messa a ridere. Io no.
Mi piglio un campari. L'altro si guarda attorno. Totonno mi serve, tiene lo sguardo dentro il mio. Cazzo mi ha riconosciuto. Fa segno a uno che sta vicino al biliardino. Lello Mazza, un altro che spara botte per Ciro. Quello si avvicina. Mi sta attorno, mi guarda nello specchio del bar. Poi si rivolge a Totonno. «Tutt' a post'». E va via, esce dal locale e lascia una scia di fetosa acqua di colonia. Puzza più della puzza del bar. Finisco il campari, pago e ce ne andiamo. Non mi hanno riconosciuto. Facciamo un giro del rione, a piedi. Troppe guardie, è la verità. Sta arraggiata pure la gente di Ciro. Le piazze di spaccio stanno ferme. E pare che deve succedere qualcosa, stanno tutti troppo nervosi. Mi cercano, lo so, per cielo e per terra, ma tengono pure altri cazzi per la testa. Il fatto è serio: don Aniello tiene mezzo clan che s'è girato. Ma nessuno si permette di mancare di rispetto. E' sempre un serpente velenoso. Lui e quelli che gli sono rimasti attorno. Se conosco Ciro sta pensando a qualcosa. A come fottere il boss appena lo mettono al gabbio. Ora, per tenerlo buono, gli deve dare la caramella. E la caramella più dolce è la mia testa. La testa di quello che gli ha seccato il figlio.
Adesso però ho la faccia nuova, le carte a posto e gente che mi copre. Dopo tutto quello che è successo è già una botta di culo.
Torniamo da Letizia. Tiene un cliente nella stanza. Uno sfondato a soldi. Barbara si sta truccando, ma non vuole uscire. Pure lei è meglio se sta nascosta. S'è combinata che pare pronta per ricevere qualcuno. La gonna corta e le tette in esposizione. Guardo le sue scarpe. I tacchi a spillo. Uno è ancora sporco del sangue del pappone. Le dico di pulirle bene. Ma è meglio se le butta.
Mi addormento sulla poltrona che guardo un vecchio film con Spencer Tracy. Quando suonano alla porta mi ritrovo in piedi, col cuore che mi sfonda il petto. Letizia non aspettava nessuno. Prende un ferro, per sicurezza.
E' Anna, una del quartiere. Tiene una salumeria e il fratello è uno che pigliava la coca a Barcellona e se la portava qua. Poi l'hanno acchiappato. Si deve fare altri dodici anni. Entra che è spaventata. Mi sono nascosto, meglio se non mi vede nessuno. Parla a bassa voce. Letizia dice «cazzo», e butta un pugno sulla porta.
Quando viene da me tiene la faccia delle notizie di merda.
- Leo, sono andati a casa tua...
- Chi?
- La gente di Ciro, volevano sapere da tua mamma e tuo fratello dove stavi nascosto.
- Che è successo?
- Non girarci attorno Letizia, dillo subito.
- Tuo fratello, gli hanno sparato in bocca. Tua mamma è all'ospedale, in coma. Gli hanno spaccato la testa a calci.
Merda. Vorrei alluccare. Spaccare qualsiasi cosa. Piangere. Resto immobile, gli occhi che guardano niente. Poi prendo un ferro, due. E mi avvio alla porta, senza dire niente. Letizia mi afferra il braccio. Stringe che mi fa male.
Tu non vai da nessuna parte. A tua mamma l'hanno lasciata campare solo perchè ti vogliono far andare là. Sicuro ti aspettano. Arrivi di corsa e con due ferri addosso: la faccia nuova non ti serve a niente. Ti acchiappano, ti fanno fuori e si sono tolti il pensiero. Mo devi stare freddo. Nunn'è facile, ma mo devi essere homm'.
Ho guardato Letizia. Barbara mi ha abbracciato. Sono rimasto in piedi, senza dire una parola. Con le mani che tremavano.