Quando in quell'afoso pomeriggio del 13 agosto 2013 prese la pistola e fece fuoco contro i suoi vicini di casa per una banale lite su un parcheggio, Domenico Aschettino era lucido. Capace di intendere e di volere. Ed era convinto di quel che stava facendo, ossia ammazzare i suoi dirimpettai. Lo ha deciso la Corte di Assise di Appello di Napoli dinanzi alla quale si sta svolgendo il processo di secondo grado per il 44enne, ex guardia giurata. In primo grado, Aschettino è stato già condannato all'ergastolo per triplice omicidio e duplice tentato omicidio. Nel 2013, infatti, l'ex guardia giurata fece fuoco contro un'intera famiglia, quella dei Sepe. Prima sparò a bruciapelo contro Vincenzo, Poi, mentre gli altri familiari tentavano la fuga mettendosi al riparo dai proiettili, Aschettino puntò ancora l'arma e fece fuoco. Ferì gravemente Carolina, la figlia, 25 anni ed incinta. Venne tenuta in vita dai medici del Cardarelli fino a permetterle, nel dicembre del 2013, di dare alla luce Maria Liliana. La piccola però morì due mesi dopo. Una storia che commosse l'Italia intera. Oltre a Carolina e al padre Vincenzo, ci fu anche una terza vittima: la suocera del capofamiglia, l'80enne Bettina Crisci, che morì nell'ottobre successivo alla strage per complicazioni post-respiratorie. Le ferite riportate nel corso della strage le furono letali. Oltre i tre morti, Aschettino ferì anche la moglie e un altro figlio di Vincenzo Sepe, in maniera però meno grave. A nulla è valsa la perizia psichiatrica richiesta dal legale di Aschettino. La Corte l'ha infatti rigettata.
Redazione Av