di Luciano Trapanese
Le due facce della camorra. Due facce che non sempre sono della stessa medaglia. Centodieci clan, migliaia di affiliati, decine di migliaia di fiancheggiatori. E una grande differenza.
Da una parte le cosche napoletane, in guerra aperta tra loro per le piazze di spaccio.
Dall'altra quella che un tempo (lontano), veniva definita “camorra rurale”, che spara poco, controlla territori più estesi. E che insieme al solito business della droga riesce a guardare anche più in alto: appalti e infiltrazioni nelle amministrazioni (non solo locali), riciclaggio in grande stile.
Entrambe hanno la stessa capacità: quella di condizionare le fasce più deboli della popolazione.
Ma si muovono in modo diverso. E non da oggi.
Le faide hanno spaccato in micro clan la malavita organizzata partenopea. Resistono vecchi gruppi (ancora potenti, come i Contini, Licciardi, Moccia, Polverino, Mazzarella), ma intorno a loro – e contro di loro – si sono armati anche decine di gruppi pronti a tutto per il controllo dell'affare degli affari: la droga.
Una camorra capace di gestire usura, estorsioni, mercato del falso, contrabbando, gioco d'azzardo, attività commerciali. Ma che difficilmente si spinge oltre. E ha difficoltà – o scarso interesse – a infiltrarsi pesantemente nella pubblica amministrazione.
Discorso del tutto diverso per la camorra “rurale”. Quella che agisce nella zona di Torre Annunziata (clan Gionta), nel Casertano (i Casalesi), nel Nolano (Fabbrocino – soprattutto -, Sangermano e i Cava).
E' una camorra che spara poco. E che “vanta” tradizioni antiche. Della zona Vesuviana e del Nolano sono originari i boss più importanti della camorra moderna: Raffaele Cutolo, di Ottaviano. E Carmine Alfieri, di Piazzolla di Nola.
I Casalesi restano il clan più potente, strutturato, ramificato della malavita organizzata campana. Hanno subito arresti su arresti. Il clan è stato più volte decapitato. Ma è capace di rigenerarsi. La presenza sul territorio è capillare. Ha già dimostrato di essere in grado di controllare la politica (Cosentino docet), anche ad altissimi livelli. Non solo amministrazioni locali, dunque.
Nel Nolano, in una parte dell'Irpinia e nella fascia costiera a sud di Napoli, i clan non hanno la stessa forza dei Casalesi. Ma sono abbastanza potenti e radicati da non avere bisogno di usare le pistole. Agiscono sotto traccia, infiltrano amministrazioni comunali, penetrano nell'imprenditoria, gestiscono parte della grande distribuzione, aprono attività commerciali (anche al Nord). Oltre naturalmente ad avere mano libera sul mercato della droga.
E' una camorra meno stracciona, meno esibizionista (anche nell'esercizio della violenza), più pericolosa. E ora che i riflettori sono tutti puntati sulle guerre napoletane, sulle paranze dei bambini, sulle stese nel centro della metropoli partenopea, hanno anche il tempo di strutturarsi di nuovo. Nonostante i blitz che hanno messo in cella tutti i boss (la questione riguarda soprattutto i Casalesi).
In tutto questo i clan continuano ad allacciare rapporti con mafie straniere. Uno scambio strategico, che rinforza entrambe. Mano libera sulla prostituzione (per criminali dell'Est e organizzazioni nigeriane). E in cambio rapporti privilegiati per il traffico di droga e di armi.
C'è una camorra che spara. E una che pensa agli affari. In silenzio.
La prima insanguina le strade e crea allarme sociale. La seconda devasta dall'interno quello che resta del nostro tessuto economico.
In tutti e due i casi, c'è poco da stare tranquilli.