Maledetti Appennini, la terra trema. E lo farà ancora...

Italia spaccata in due. Campania e Irpinia, in particolare, a rischio.

Ma cosa si è fatto per attenuare gli effetti delle scosse? Quasi nulla. Impotenti di fronte all'inevitabile. Sperando che la terra non tremi...

di Luciano Trapanese

Maledetti Appennini. Belli e pericolosi, affascinanti e letali. Tremano da secoli, dal Friuli alla Calabria. Una lunga serie di monti. E una lunga scia di terremoti e morti. Da quando l'uomo ricorda. Il motivo? Si può sintetizzare così: la catena montuosa che attraversa la Penisola, salda anche due parti dell'Italia. Due parti che tentano da millenni di separarsi. Le regioni che si affacciano sul Tirreno (Lazio, Toscana, Campania e parte dell'Umbria), restano ferme. Quelle della costa orientale (Marche, Abruzzo e Molise), si spostano lentamente verso nord – est. Infatti l'Adriatico si stringe di mezzo metro ogni cento anni. Lungo questa faglia (la linea che attraversa l'Appennino), l'energia non fa che accumularsi per anni. Per poi essere rilasciata. Con gli inevitabili terremoti.

In pratica: è proprio la spina dorsale dell'Italia a tremare. Con sempre maggiore frequenza. E quasi ad ogni scossa di formano nuove faglie. Una situazione sempre “meno stabile”. E di conseguenza, imprevedibile. Come imprevedibili – nonostante il continuo monitoraggio – sono i terremoti.

Abbiamo detto imprevedibili? Beh, fino a un certo punto. Le zone rosse dell'Appennino si conoscono. E si sa bene che, prima o poi, un terremoto arriverà (o immaginiamo d'improvviso sia tutto fermo e non ci sia più accumulo di energia?).

E allora? Si fa qualcosa per ridurre il rischio, oltre alla solita ondata di buone intenzioni che segue una tragedia? No, purtroppo. E lo sapete. La Campania è ad alto rischio sismico. In alcune zone, come l'Irpinia, il rischio è – purtroppo – altissimo. L'ultimo evento drammatico risale a quasi 36 anni fa. Cosa è cambiato da allora? Molto. Ma non tanto. Ci sono più strade, certo. Tanti “paesi presepe” (come vennero ribattezzati dopo il sisma), sono stati ricostruiti, e sono sicuramente più sicuri. E il resto? Niente. Molti edifici pubblici non sono a norma. Anche tante (tantissime?) scuole non sono antisismiche. E neppure molti ospedali e tribunali (come quello di Avellino, per dirne uno). Il patrimonio edilizio degli anno 60 e 70, non è di grande qualità. Insomma, siamo quasi a zero. Non siamo diventati il Giappone. Ma questo lo sapevamo. Ma neppure è stata attivata una massiccia campagna di “attenuazione del rischio”. Che poi è l'unica campagna possibile.

Siamo qui invece a contare i terremoti e i morti. Con una impotenza raccapricciante. Quasi con la consapevolezza che nulla si può fare. Oltre a sperare che la terra non tremi.