di Luciano Trapanese
Donne bianche, dai denti bianchi, con ragazzi bianchi, biondi e dal sorriso splendente. Tutti davanti all'ancor più bianca spuma di un mare azzurrissimo.
O ragazza mora, accannata, in una stanza chiusa e fumosa, stereotipatamente seppiata, in compagnia di neri che più drogati non si può, accampati stretti stretti sull'angusto divano di una casa di periferia.
Scegliere, prego.
L'ennesima perla della comunicazione sul Fertility Day, ha messo come minimo in grave imbarazzo la ministra Lorenzin, quella che o sei mamma o non sei donna. E che è contro la legalizzazione della marijuana perché è stanca e sconcertata di vedere siringhe (!) per strada.
Difficile accumulare tante critiche per una campagna che avrebbe dovuto essere in stile “pubblicità-progresso”. Ora, certo, chi ha confezionato il messaggio dovrebbe cambiare mestiere. Ma è anche vero che il messaggio che avrebbe dovuto veicolare, era un po' da “fate figli per la Patria o arriva l'olio di ricino”.
Il manifesto con i biondi sorridenti (in verità ci suscitano pure una certa antipatia), e le cattive compagnie della mora con lo spinello, non solo era brutto. Un po' razzista. Ma soprattutto non era comprensibile. Forse voleva dire: se ti droghi e conduci una vita dissoluta rischi di essere non fertile. Boh.
Quasi peggio di quello (il precedente), che metteva in croce le donne che non volevano o non potevano (per ragioni economiche o fisiche), avere dei figli.
Sempre nel nome del cattolicissimo crescete e moltiplicatevi.
Non ci interessa soffermarci sul contenuto sessista o razzista della campagna. Ma sul tipo di Italia che immaginano i nostri politici. Da una parte un misto tra gli spot del Mulino Bianco (in epoca pre Banderas, che se parla con le galline proprio lucido non è), Famiglia Cristiana, un bigottismo anni '50, che neppure Poveri ma belli.
Dall'altra, quella seppiata, composta da fattoni colorati che insidiano una brunetta strafatta che sicuro ci sta. E tutti in gruppo ignorano il sacro bene comune: la famiglia, con annesso obbligo alla procreazione abbondante. Possibilmente di pargoli biondo cenere.
Buoni e cattivi. Insomma. Divisi tra la procreazione e l'abuso di sostanze stupefacenti con cattive compagnie. In mezzo, il nulla.
Un modo di “pensare” che è comune a tanti dibattiti politici. Soprattutto quelli su temi etici. Frastuono di parole in libera uscita, che sono anche il segno della verticale decadenza di una classe dirigente. E così, chi è favorevole all'eutanasia diventa un assassino. Chi al matrimonio gay, un pervertito. Chi alla legalizzazione della marijuana, un avvelenatore dei costumi e della nostra italica gioventù.
Naturalmente è vero anche il contrario. E in quel caso tutto si riduce, rispettivamente a «sei ultraclericale, fascista, narcotrafficante». Per le posizioni dialoganti (o di elementare buon senso), non necessariamente bianche o nere, non c'è spazio. Anche perché quelle non si urlano e neppure possono essere sintetizzate in qualche osceno manifesto.
La Lorenzin, inutile giraci intorno, ha fatto una figuraccia. Ed è iniziata nel giorno stesso in cui ha proposto il Fertility Day. Come se il miracolo (anche laico), della nascita, la scelta – anche coraggiosa – di mettere o meno al mondo un figlio, si possa ridurre con una semplificazione sconcertante ad una campagna pubblicitaria. Del tutto simile – negli intenti – a quella che dovrebbe impedire di abbandonare i cani sulle piazzole di sosta di una qualsiasi autostrada.